Il Catania non c’è più. Questo il testo della condanna a morte: “Trattandosi di vicenda di particolare interesse sociale, si comunica che in data odierna il Tribunale di Catania - sezione fallimentare - ha disposto la cessazione dell’esercizio provvisorio del ramo caratteristico di azienda calcistica della Calcio Catania”.
È una notizia che per un’intera città pesa assai più di una mancata qualificazione della Nazionale al Mondiale. Dentro la puntualizzazione “vicenda di particolare interesse sociale” c’è tutto il marcio di una storia vergognosa: errori di vario genere, incompetenza, disattenzione, insensibilità, inciviltà e c’è il mancato controllo delle istituzioni.
Il presidente della Lega Pro e vice della federcalcio Ghirelli è stato risoluto: «In questi mesi, e ancor prima fin dall’operazione Sigi, ho cercato in tutti i modi di far capire che gli impegni assunti dovevano essere rispettati; impegni che tuttavia non sono stati mantenuti. Il covid ha aggravato irreversibilmente la situazione, ma rimane il fatto che, in quest’ultima fase, sono state avanzate proposte prive di alcun senso che hanno determinato la più spiacevole delle conclusioni. La Lega Pro ed i propri club, in quanto dotati di uno spiccato senso di responsabilità, sanno comunque affrontare e venire a capo di una situazione che avrebbe potuto determinare un danno non governabile».
Registro e pongo un’innocente domanda: perché non hanno fatto finire il campionato al Catania visto che gli mancavano solo 4 gare? In Serie A ci sono state squadre che hanno terminato la stagione pur non avendo ottemperato a tutti gli obblighi finanziari richiesti. La C è l’altrove del nostro calcio?
Credo che con un minimo di cultura del passato i giudici che l’hanno azzerato avrebbero dovuto ricordare che il Catania non è solo una squadra di calcio, un club storico, ma una potenziale bocca dell’Etna che anche in questa occasione potrebbe invadere le istituzioni, da quelle tribunalizie a quelle politiche: basta rammentare la giusta ribellione di Massimino, approdata a giustizia, e le acrobazie di Gaucci pure storicizzate. L’istituzione sportiva sostiene di essere stata spiazzata dal tribunale, forse avrebbe dovuto far capire ai curatori dell’ inghippo che, una volta “coperti” fino al 19, avrebbero potuto trascinare la pratica fino al 24, non solo per dare una speranza al Catania ma per evitare l’ingiusta penalizzazione dei club che avevano fatto punti con gli etnei. Monopoli, Paganese e così via pagano senza colpe. Eppoi, dov’è finita la cosiddetta sensibilità sociale, la stessa della sottolineatura fatta nella nota che ha ufficializzato la fine del club?
Il Catania è una passione che ha toccato due secoli e milioni di cuori. Non credo che esista altra consolazione possibile.