Spalletti, l’esperto inesperto

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Spalletti, l’esperto inesperto© LAPRESSE
Italo Cucci
4 min

Questa è la storia di un esperto inesperto, di un bravo che per sembrare il più bravo finisce per sembrare un inetto. È la storia di Luciano Spalletti che arrivò in Nazionale menando l’aria dello sbruffone intelligente. Prandelli? Conte? Ventura? Mancini? Ah ah, vedrete quel che vi fo’ io! 

E ha complicato la vita di tutti - prima la sua - fin dalle parole quotidiane che non erano più lisce ma arrotolate, praticamente incomprensibili, una babele di concetti astrusi che volevano essere audaci, innovatori eppur oscuri al punto che il suo non sembrava più calcio - veltroniana scienza da amare - ma magia sperimentale. Credono d’esser tutti geni (un’illustre penna l’ha scritto: “Spalletti geniale”) e finiscono nella trappola di Einstein il Frullatore di cervelli che diceva - papale papale - «Se non lo sai spiegare in modo semplice, non l’hai capito abbastanza bene neanche tu». (Ch’è poi l’arte del giornalista secondo Longanesi). Benedetto quel gol francese di Barcola al tredicesimo secondo a Parigi che ci ha fatto subito capire quanto fosse diverso da quel gol albanese di Bajrami al ventitreesimo secondo degli Europei a Dortmund: due ridicoli capitomboli, uno aggiustato da Bastoni e Barella l’altro da una Squadra intera che ha voluto subito prendere le distanze da Berlino, dalla Svizzera, da un’orgia di cacasenni sperduti in campo che quella sera vidi come ammutinati. E forse lo erano: contro l’inesplicabile Capitan Futuro Spalletti Luciano che aveva dimenticato anche il proprio passato. Un passato non geniale ma importante, artigianato di lusso, se mi passate il concetto che gli stilisti - Armani ch’io adoro compreso - sono artigiani. Nell’atto di dolore - e nel confiteor più vero e sincero che sia mai uscito dalla bocca di un mister (“ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa”) - Luciano ha aggiunto la paroletta magica, Trecinquedue, che non voleva dir altro che semplicità, tradizione, comprensione. E solidarietà. Frattesi è stato il primo a dimostrarla, subito tentando di cancellare la stolida impresa del solito Di Lorenzo che piace tanto a Luciano perché l’ha visto in un altro film, “Vacanze napoletane” di De Laurentiis . C’è riuscito Dimarco alla mancina, un gol maradoniano che Patania ha cantato con la cetra (mica Nerone, Omero) aggiungendo epinici solenni e meritati per Frattesi il Trascinatore, Tonali e Calafiori i Pensatori, e il mio Giacomino Raspadori finalmente onorato di un ruolo offensivo che l’ha portato al gol della sua e nostra rinascita.

Spalletti è di Certaldo, mica di Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch, quel luogo ameno che anche i gallesi, per semplicità, chiamano Llanfair PG. E ha pensieri italiani anche calcisticamente, seppur cerca di non rivelarli per non parer banale. Ma se vuoi tornare a vincere, se vuoi ridisegnare un cielo azzurro e ricreare un clima bearzottiano (cito Polverosi) devi pur giocare all’italiana, e con il contropiede. Per farsi capir meglio, l’Amico Geniale ha inviato a tutti un messaggio - come quello del Vecio con Marini - convocando il Brescianini ruvido e bello formato in Ciociaria, a Frosinone, dopo inutili viaggi qua e là e finalmente con la Dea e Gasperini. Per aspera ad astra.


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