Spalletti riparte da un calcio che non ama

Leggi il commento del direttore del Corriere dello Sport-Stadio
Ivan Zazzaroni
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Luciano Spalletti riparte da un calcio e da un disegno che non ama: dal 3-5-2 così distante dalle sue corde, dalla sua formazione, dai suoi princìpi. Lo fa, lo deve fare, per tentare di ridurre in fretta le distanze tra sé e i giocatori, tra sé e la delusione. Ha ammesso di averlo studiato per tutta l’estate, «un’estate bruttissima», il periodo più nero della carriera, specie se si considera l’entusiasmo con cui era entrato nel ruolo di commissario tecnico della Nazionale, la sua aspirazione professionale più alta. 

Riparte da una squadra che non è paragonabile, per qualità e caratteristiche fisiche, alla Francia e al Belgio e che potrebbe incontrare delle difficoltà anche con Israele.

Per recuperare il consenso Spalletti ha scelto un profilo diverso e di fare le cose semplici, riducendo la lunghezza dei discorsi, delle informazioni e anche le iperboli. Più selezionatore e meno allenatore, almeno nelle intenzioni.

Posso soltanto immaginare quanto abbia sofferto per il fallimento e gli effetti di una campagna disastrosa, lui che pochi mesi prima aveva realizzato il capolavoro napoletano. La stampa non gliel’ha perdonata, c’è anche chi ha sperato che lasciasse per far posto a Allegri o Ranieri. Probabilmente Luciano ha creduto troppo in sé stesso e nelle sue capacità, pensando di poter aggiungere qualcosa, tanto (conoscenze, coraggio, personalità) a un gruppo dalle potenzialità non eccelse, risultando insomma superiore ai nostri limiti e difetti.

Agli Europei l’Italia è andata molto peggio di quello che potevamo immaginare, certo, ma se continuiamo a pensare che un eccellente allenatore come lui possa risolvere i problemi del nostro calcio, non abbiamo capito nulla. Spalletti avrà anche idee da vendere, ma la struttura è troppo fragile per dare loro vera forza. 


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