L'estate solitaria di Spalletti: Berlino, la crisi, il futuro

La pausa e le pressioni sulla Figc dopo la figuraccia contro la Svizzera. Mesi d’isolamento, di lavoro. Per non lasciare il paradiso da perdente
dal nostro inviato Fabrizio Patania
9 min

FIRENZE - Garibaldi, come hanno scritto in maniera geniale su un muro, aveva mille follower. Spalletti, dopo la notte di Berlino, ha scoperto la solitudine. L’Italia dei social (e non solo) lo stava denigrando. Critiche implacabili, il sostegno popolare trasformato in dileggio. Una discesa verticale, dall’estasi al tormento, ancora più complicata da sopportare a tredici mesi di distanza dallo scudetto di Napoli. Il ct disarcionato ha scelto la via del silenzio, è sparito e ha chiuso i contatti con il mondo sino a ieri, per assorbire la delusione. Neppure gli amici più fidati di Coverciano, nei primi quindici giorni di luglio, riuscivano a parlargli. Il telefono suonava libero, mai online su Whatsapp, zero messaggi.

Spaletti, un mare di pensieri

Dalle spiagge di Ibiza e della Grecia, invece, rimbalzavano le foto degli azzurri in vacanza. Mojito e infradito. Sorrisi larghi come se avessero vinto. Quasi una liberazione, non una vergogna, gli ottavi mai giocati con la Svizzera. Sotto l’ombrellone, un classico, sono fiorite le leggende calcistiche divulgate da procuratori e amici degli amici. Una riunione tempestosa alle tre di notte nell’albergo di Iserlohn, tra sbadigli e voglia di andare a letto degli azzurri, dopo la figuraccia con la Spagna. Qualche incursione nelle camere per controllare se tutti stessero riposando dopo le 23 e due o tre titolari cambiati in extremis sul pullman che stava conducendo la Nazionale, nel pomeriggio del 29 giugno, verso l’Olympiastadion. È la vita di ogni allenatore e i più bravi non fanno eccezione. Ogni tonfo viene accompagnato da retroscena più o meno veritieri. Di solito non decidono una partita, ma vengono fuori per giustificare una sconfitta. Se la Nazionale vince, sono tutti bravi e perfetti. Nel post Macedonia di Palermo, quando Mancini venne eliminato dai playoff di accesso al Mondiale in Qatar, si seppe che in poche ore Scamacca era passato dal campo alla tribuna, lasciando la titolarità a Immobile e la panchina a Joao Pedro, l’oriundo visto una sola volta e in quei cinque minuti disperati dopo il gol di Trajkovski. Ogni commissario tecnico ha i suoi dubbi e si porta dietro le sue croci.

Spalletti, un’estate bruttissima

Dopo il rientro dalla Germania, Lucio si è rifugiato in famiglia. Era ferito. Lo sguardo protettivo della moglie Tamara e le coccole alla piccola Matilde solo in parte ne hanno alleggerito il disagio. Qualche ora trascorsa tra la Versilia e le spiagge liguri di Lerici, a seguire alcuni giorni a casa di amici sull’isola di Ponza, poi si è ritirato in campagna, nella tenuta di Montaione. Il ct e Gravina, dopo la conferenza stampa di chiusura a Iserlohn (30 giugno) in cui avevano annunciato l’intenzione di proseguire, si erano dati un minimo periodo di riflessione e di verifica. Le pressioni politiche sulla Figc si intrecciavano con l’esito di un Europeo oggettivamente deludente, pur considerando i limiti del calcio italiano e la penuria di talento. Si può perdere in tanti modi, ma non senza lottare, come è successo con la Svizzera. Andrea Abodi, ministro dello Sport, chiedeva un’assunzione di responsabilità da parte dei protagonisti.

Spalletti aggrappato alla fiducia di Gravina

Spalletti non ha mai realmente pensato alle dimissioni. Considera la panchina dell’Italia l’apice della carriera. «Qui mi sento in Paradiso» diceva preparando l’Europeo. Uscire e lasciare da perdente non era e non è nei suoi pensieri. Riabilitarsi sul campo e formare una nuova Italia rappresentano la nuova sfida, che poi era la stessa all’epoca del suo ingresso a Coverciano, quando non era scontato centrare il secondo posto dietro all’Inghilterra e garantirsi la qualificazione in Germania. Dopo l’Europeo, il ct avrebbe dato vita al ringiovanimento. Certo ora il contesto è cambiato. Il cammino in Nations e il percorso verso il Mondiale 2026 disegnano nuovi scenari. Sul pullman che scorterà la Nazionale al Parco dei Principi per affrontare Mbappé e i fenomeni della Francia, la pesantezza del momento si avvertirà più dei soliti dubbi legati alla formazione. Non è facile resistere ai Bleus. Conterà il modo di stare in campo, la dignità degli azzurri e ancora di più il risultato sul neutro di Budapest con Israele lunedì prossimo. Bucare la partenza del girone con due sconfitte riaprirebbe la crisi.
Ci sono state ore e momenti in cui il presidente Gravina, ribadendo la fiducia come ogni dirigente consumato, ha valutato qualsiasi scenario, compreso quello del divorzio anticipato se Spalletti avesse mostrato dei tentennamenti. Max Allegri, dopo la separazione dalla Juve, si gode il sole ai Bagni Fiume di Livorno: sarebbe un candidato naturale, scontato per caratteristiche, esperienza e completezza. Piacciono la sobrietà e la misura di Stefano Pioli, campione d’Italia con il Milan, deciso ad aspettare la chiamata giusta dopo essere stato a un passo dalla panchina dell’Al-Ittihad di Benzema: curioso, forse solo una coincidenza, che il suo trasferimento in Saudi Pro League sia saltato i primi giorni di luglio.

Italia, una crisi lunga 15 anni

In Via Allegri, come era giusto e logico, hanno protetto il ct, sotto contratto sino al 2026. Tre ragioni principali. La disponibilità di Spalletti, pronto a dire sì e interrompere la vertenza con De Laurentiis per soccorrere nell’estate 2023 la Nazionale piantata in asso da Mancini, non è stata dimenticata da Gravina. Hanno pesato le sue motivazioni forti e un’analisi approfondita delle tenebre azzurre in cui andrebbero calate le spedizioni infauste ai Mondiali 2010 e 2014, non solo il doppio mancato ingresso a Russia 2018 e Qatar 2022. Wembley resta una splendida eccezione dentro una crisi lunga quindici anni. In ultimo, forse primo argomento spendibile, non può essere ignorato il momento politico-sportivo: una Federazione con il mandato in scadenza e in attesa di nuove elezioni non può certo scaricare e licenziare un ct, semmai si compatta e difende il suo allenatore.

Spalletti, conferma e ripartenza

L’intenzione di proseguire è diventata certezza il 16 luglio, quando Spalletti è apparso all’ora di pranzo in via Allegri (invece di intervenire da remoto, come fa di solito) e la tensione si tagliava a fette. Gravina aveva convocato un vero e proprio vertice. Non si trattava di una semplice riunione operativa del Club Italia. Il ct a colloquio con il presidente federale, l’avvocato Viglione e Buffon, capodelegazione in procinto di diventare direttore tecnico della Nazionale. L’ex portiere della Juve si è speso nel sostenere l’operato di Lucio, alla prima vera esperienza in un torneo. Il focus si è concentrato sul blackout emotivo con la Svizzera, perché l’Italia comunque aveva strappato la qualificazione agli ottavi, obiettivo minimo. Bene con l’Albania, male con la Spagna, il pareggio in rimonta all’ultimo secondo con la Croazia. Niente rivoluzione, solo il tentativo di andare avanti. Ora si procederà per gradi e privilegiando la carta anagrafica, come dimostrano le convocazioni. Al travaso di energie contribuirà Maurizio Viscidi, coordinatore delle giovanili che Sacchi portò a Coverciano, uomo federale da sempre in buoni rapporti con Spalletti: anche lo scorso anno partecipava spesso alle riunioni dello staff tecnico.

Spalletti, a settembre gli esami di riparazione

Lucio a Ferragosto era al Viola Park per seguire gli allenamenti della Fiorentina e il giorno successivo ha fatto visita all’Empoli, a pochi chilometri dalla tenuta di Montaione, casa sua. Il ct ha ripreso il giro dei centri sportivi e degli stadi: non si è perso un frame delle prime tre giornate di Serie A. Gravina racconta abbia lavorato per l’intera estate. Non stentiamo a crederlo. Dopo un tuffo nel mare di Ponza, Spalletti ha ricominciato a pensare calcio e scambiare idee con Domenichini e Baldini, i fidatissimi collaboratori. Un confronto ampio sulla preparazione atletica e i dati (non positivi) degli azzurri. I match analyst hanno vivisezionato e rivisto più volte le immagini delle quattro partite in Germania. Lo studio relativo a Francia e Israele, prossime avversarie, è durato un mese. «Cercherò di essere il miglior Spalletti possibile» disse il ct presentandosi a Coverciano un anno fa. Venerdì al Parco dei Principi e lunedì prossimo a Budapest dovrà essere la miglior Italia possibile per evitare il capolinea.


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