Italia, Spalletti a favore di vento

Leggi il commento del Direttore del Corriere dello Sport-Stadio sull'esordio del tecnico di Certaldo con la Nazionale
Ivan Zazzaroni
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Luciano Spalletti, che coltiva il senso della sfida, ha tutto per azzeccare la prima uscita: le capacità che gli vengono riconosciute, l’entusiasmo di chi non desiderava altro per sé e il Paese - lo stesso Spalletti -, il pieno sostegno del presidente federale che l’ha accolto specificando di aver consegnato la Nazionale a «un grande allenatore». E poi il vento caldo di uno storico scudetto, il clima favorevolissimo derivato dalla frattura (scomposta) sanabile solo col tempo, forse, tra gli italiani e il Predecessore, infine l’appoggio della stampa, così sensibile ai cambiamenti. Specie quando sono freschi.

Il Nostro ci ha subito offerto - oltre alle solite divagazioni psicofilosofi che - una battuta molto bella, originale, che resterà come modello anche dopo di lui: «Non so se sarò il miglior allenatore possibile per la Nazionale, ma sarò sicuramente il miglior Spalletti possibile».

Spalletti ha anche - e non guasta - dei giocatori dichiaratamente motivatissimi: Locatelli ha subito ammesso che con Mancini si era rotto qualcosa (ce n’eravamo accorti), per non parlare di Zaniolo, e Barella ha rivelato di avere imparato, in pochi giorni, due o tre cose nuove (mi ha ricordato Chiesa che dopo Udine esaltò il lavoro di Magnanelli). Anche Immobile, il capitano, ha ritrovato il sorriso dei giorni belli.

Innumerevoli elogi sono stati indirizzati al nuovo ct, accompagnati da qualche esaltazione eccessiva, ancorché sospetta, che penso non abbia gradito. Luciano non ama i soffietti: ad esempio, che in futuro potrebbe impiegare Zaniolo o Chiesa da falso nueve, soluzione - peraltro - che in corso d’opera provò anche il Predecessore.

Spalletti è bravo bravissimo: per il bene che voglio alla Nazionale mi auguro che, nonostante i pochi giorni di lavoro riservati ai commissari tecnici, riesca a trasformare Locatelli in un Lobotka, Chiesa - quando l’avrà a posto - in un Kvara e Ciro, o chi per lui, in un Osimhen.

È cambiata, ve ne sarete accorti, la guida dell’Italia, ma è l’Italia a non voler cambiare: è addirittura peggiorata quanto a elementi selezionabili. Squadre come il Milan offrono il solo Calabria, il Bologna del bel gioco parla l’italiano di Orsolini, e se non ci fossero l’Inter di Barella, Frattesi, Acerbi, Dimarco e Bastoni, la Roma di Mancini, Cristante, Spinazzola, Pellegrini, Bove (e Belotti), la Lazio di Romagnoli, Zaccagni, Cataldi e Immobile, la Juve di Gatti, Locatelli, Fagioli, Chiesa e Miretti e la Fiorentina di Biraghi, Sottil, Parisi, Bonaventura e Mandragora, verrebbe voglia di tifare Brasile. Il prossimo, quello di Ancelotti naturalmente.


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