Più di 23 anni fa, retroscena rumorosissimo del Corriere dello Sport: la fuga di Totti dalla Nazionale. La notizia non arrivò a caldo, ma dopo qualche giorno. La Federcalcio sorpresa e imbarazzata, Dino Zoff, il ct dell’epoca, deluso e irritato, il Club Italia indeciso su come comportarsi. Francesco, seccato per la sostituzione all’intervallo (lasciò il posto all’amico romanista Eusebio Di Francesco), abbandonò lo stadio del Conero con Italia-Bieloroussia, valida per le qualificazioni a Euro 2000, ancora in corso. Doccia e via in macchina a Roma. A casa di corsa, lasciando Ancona senza salutare nessuno. Lo strappo è lontanissimo: 31 marzo 1999. Pensate, Nicolò Zaniolo sarebbe nato poco più di tre mesi dopo (93 giorni), il 2 luglio. E mai avrebbe però ipotizzato che alla stessa età di Totti potesse vivere allo stesso modo la maglia azzurra. Il suo feeling con Roberto Mancini va da tempo in altalena, proprio come quello, a fine anni Novanta, tra Francesco e Dino. Strano a dirsi, perché la stima dei due ct è sempre stata dichiarata, tant’è vero che sono stati loro a far debuttare i due talenti del nostro calcio.
La mancata convocazione di Nico ha dunque fatto discutere. Più che altro guardando ai suoi colleghi che Roberto ha inserito tra i 29 convocati per le partite di Nations League, stasera a Milano contro l’Inghilterra e lunedì a Budapest contro l’Ungheria. Addirittura Gabbiadini, assente da quasi 5 anni e dallo spareggio del flop mondiale di Ventura contro la Svezia, chiamato dopo la rinuncia di Politano.
Di tesi buoniste ne sono girate tante e, come spesso succede, poco credibili. Tipo: la decisione è stata presa d’accordo con lo staff medico della Roma, meglio preservare il giocatore che ha saltato cinque partite prima di rientrare in Europa League contro l’Hjk, due assist, il giorno prima delle convocazioni di Mancini. Poi domenica titolare anche in campionato, tra i migliori, compreso un rigore non ricevuto da Chiffi nel primo tempo. Nessuno, vedendo proprio chi è stato invitato a Coverciano, crede alla versione del giocatore appena uscito da un trauma alla spalla. E nessuno si azzarda a dire che sia fuori forma. Ma nessuno, questo è grave, si sorprende che nei due incontri del ct con i media, lunedì e ieri, non sia stato nominato il giallorosso, a cominciare da chi lo ha fatto fuori. Perché Mancini avrebbe dovuto chiarire di aver lasciato a casa Nicolò per quel coro contro la Lazio urlato sul pullman e andato in mondo visione dal Circo Massimo durante i festeggiamenti post Conference League. E anche qui torna d’attualità Totti, magari per la t-shirt «Vi ho purgato ancora» mostrata in un derby del passato. Francesco fu rimproverato in pubblico e in privato. Due simboli, oggi come ieri, della rivalità tra i club della Capitale, sempre sul palcoscenico e spesso complicati da gestire per i ct, soprattutto Dino e Roberto che tra l’altro hanno guidato entrambi la squadra biancoceleste, altro motivo di polemica dentro il nostro raccordo anulare.
Una frase di Mancini, alla vigilia della gara con l’Inghilterra, potrebbe portare fuori strada: «La voglia di venire in Nazionale ci deve essere sempre e non a mesi alterni». Qui il riferimento non è a Zaniolo, ma a Lazzari e Zaccagni. Nicolò, il secondo crociato gli è saltato due anni fa all’Amsterdam Arena nel primo tempo di Olanda-Italia e con Roberto già ct azzurro, a giugno lasciò il ritiro con una micro-frattura alla caviglia, non certo per andare in ferie con qualche giorno d’anticipo. Ma Zaniolo non deve farci caso: a Totti, al momento di dare forfait per infortunio, toccò spesso la visita fiscale a Coverciano. Con Trapattoni e Lippi andò meglio, fino al titolo mondiale. Lieto fine a cui deve puntare pure Mancini.