È iniziata malissimo, con i fischi ripetuti più volte all’eroe di Wembley, Donnarumma, addirittura durante l’inno; è proseguita peggio - siamo andati sotto di due gol e un uomo, Bonucci - ma è finita tra gli applausi e l’incoraggiamento del pubblico di San Siro che inseguiva il miracolo. Perché di miracolo si sarebbe parlato, se avessimo pareggiato. Gli spagnoli ci hanno palleggiato addosso e a un certo punto ho invocato il realismo, la concretezza di Allegri: Mancini ha provato a giocare la partita più ambiziosa e inattuale contro gli avversari sbagliati, quelli capaci come nessuno di passarsela in velocità e fare possesso; ha avuto anche un paio di ottime occasioni per segnare, l’Italia: purtroppo, come avrebbe chiosato il leggendario Pesaola, “loro ci hanno rubato la idea” e hanno trovato il vantaggio in contropiede, il nostro specifico trascurato. Dopo l’espulsione di Bonucci la partita ha avuto meno vita. Soltanto le fibrillazioni finali prodotte da Chiesa e Chiellini, portatore di spirito del gruppo, le hanno restituito un senso, una dignità.
Formazione sbagliata all’inizio? Così ha detto il campo, e anche qui mi è tornato in mente Allegri che ha messo in testa a qualcuno che Bernardeschi possa fare l’attaccante centrale o, tattico, il falso nueve o come cavolo volete chiamarlo. Non è tuttavia per la posizione di Bernardeschi che abbiamo perso. Mancini ha cambiato molto e bene ma a risultato compromesso, il gol di Pellegrini ha attenuato l’amarezza, il dispiacere. Da campioni d’Europa e detentori del record mondiale di risultati utili giocheremo la finalina della Nations League. Nessuno si disperi: quello che potevamo sognare, il titolo continentale, l’abbiamo preso e per i prossimi tre anni non ce lo toglierà nessuno.
Il senso di Vlahovic per il no
Sbaglia chi pensa che Vlahovic non rinnovi per una questione di soldi. L’offerta di Rocco Commisso era (è) molto importante per un ventunenne che solo nella seconda parte dell’ultima stagione si è affermato compiutamente. Dusan sa di essere indispensabile alla Fiorentina, ha una considerevole autostima e, prima di ogni altra cosa, vuole essere protagonista assoluto del suo presente e del suo futuro. È perfino disposto ad andare fino a fine contratto rinunciando a oltre 6 milioni, denaro che difficilmente potrebbe recuperare in seguito. Ha il diritto di farlo ed è consapevole di dover affrontare le poco simpatiche contestazioni dei tifosi. Firenze non è peraltro nuova a situazioni del genere, penso ai casi Montolivo e Chiesa: il problema torna sempre uguale. Di questa scomodissima decisione è responsabile il giocatore, ma pesano anche la scarsa esperienza dell’agente (troppi prendono a modello i colleghi più aggressivi e “trendy”) e di una società nuova e comunque sana, presieduta da un uomo che si spezza ma non si piega. Anche di fronte al rischio di perdere tutto. Capra e cavoli.
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