La palla in mano, pronta a essere piazzata sulla mattonella. Prima di lasciarla e prendere la rincorsa, c’è la ricerca della parte più dura della sfera: la valvola. Trovata. È il punto di riferimento. Con cura, viene posizionata in modo che sia perfettamente al centro. Il proiettile c’è. Ora serve caricare la pistola e levare la sicura: il ‘click’ scatta dopo 18 passi all’indietro. La barriera è a 9,15 metri dal pallone. Chi sta per calciare è ben più lontano, all’interno del cerchio di centrocampo. Il colpo è in canna, serve premere il grilletto. Un passo normale, poi l’accelerazione come se fosse uno skip basso. Arriva l’impatto: le tre dita esterne del piede sinistro colpiscono la valvola e boom! Tutti sanno com’è andata a finire quell’esecuzione. Già. Un’esecuzione, non un calcio di punizione. Non si può spiegare cosa sia successo: ci hanno provato i fisici e gli scienziati, ma neanche Roberto Carlos è riuscito a dare chiarimenti. Tutto è racchiuso in un’espressione: quella di Fabien Barthez.
MAINSTREAM - È così che nasce la leggenda dell’Hombre Bala, dell’uomo proiettile, di uno dei terzini sinistri più forti del calcio moderno. Roberto Carlos: un’icona della Seleçao, una figura mitologica nell’immaginario collettivo di quei ragazzi cresciuti con in mano un joystick e sempre speranzosi di conquistare un fallo per poter selezionare il tiratore. Quel tiratore. Konami ed EA Sports sono state costrette a creare un’animazione personalizzata, probabilmente la prima nella storia dei videogiochi. Da quel giorno in cui Roberto Carlos sfidò la fisica e abbatté la porta di Barthez, chi non ha mai provato a tirare almeno una volta un calcio di punizione in quel modo?
TRADIZIONE - Una tradizione, quella delle punizioni con le tre dita, che affonda le sue radici in Brasile: inventata da Didi, trasmessa a Rivelino, perfezionata da Branco e resa immortale da Roberto Carlos. El Hombre Bala, però, non è solo questo. Anzi, è molto altro. Meno di 11 secondi per correre i 100 metri: una furia. Nel box-to-box nessuno è capace di tenergli testa. Nei recuperi difensivi quest’arma della velocità lo ha reso mostruosamente forte. Potente e irraggiungibile. Non è tutto. Fisicamente devastante: durante i Mondiali del 2002, culminati con la vittoria della Seleçao, le cosce di Roberto Carlos hanno raggiunto la circonferenza di 61 centimetri. Come si sposta uno che rimane piantato a terra e ha quelle gambe? Può essere anche bassetto, ma tiene testa a chi in altezza gli dà 30 centimetri e a chi pesa 20 kg più di lui. Altra tradizione, quella dei terzini brasiliani: Djalma Santos, Nilton Santos, Carlos Alberto, Cafu, Roberto Carlos e adesso Marcelo. Tutti uniti da un minimo comun denominatore: attaccare più che difendere.
TECNICA - Roberto Carlos è capace di fare entrambe le cose egregiamente. A questo ci aggiunge il tiro devastante, i cross tesi e perfetti e una pulizia tecnica invidiabile. Un giocatore completo, la perfetta evoluzione del terzino. E pensare che la sua carriera è iniziata come centravanti, o meglio come esterno d’attacco. Tra i dodici e i quattordici anni alterna il calcio al lavoro: se non si allena occupa il suo tempo in una fabbrica tessile. Poi si mette in mostra con l’Uniao Sao Joao e tutto cambia. Diventa il primo giocatore di quel club a essere convocato con la Nazionale verdeoro. Il Palmeiras lo chiama e lui esplode, come se fosse un tiro che parte dal suo sinistro devastante. Vince da protagonista due campionati Paulista, un torneo Rio-San Paolo e due campionati brasiliani.
DELUSIONI E SUCCESSI - Le porte dell’Europa si spalancano e l’Inter lo porta in Serie A, ma dopo un anno a Milano non rientra più nei piani di Roy Hodgson, che lo mette sul mercato. Fabio Capello, nuovo allenatore del Real Madrid, ha la soffiata e prega il presidente Lorenzo Sanz di comprarlo prima che le altre squadre si fiondino sul terzino. In poche ore Roberto Carlos diventa un nuovo giocatore delle Merengues per 600 milioni di pesetas (circa 7 miliardi di lire). Sarà, a detta del presidente, uno degli acquisti più redditizi della storia del calcio. Insieme al brasiliano arrivano a Madrid Seedorf, Mijatovic e Suker. Con Capello in panchina il successo è assicurato e subito arriva la prima Liga. Poi i successi europei: la Champions League torna nella capitale spagnola a distanza di 32 anni dall’ultima volta. Roberto Carlos è padrone della fascia sinistra, con la camiseta blanca e con la Seleçao. È il suo reparto: non c’è nessuno che copre e attacca in quella zona di campo meglio di lui. I tifosi del Real Madrid impazziscono per l’Hombre Bala e definiscono i suoi tiri “bombas inteligentes”. Con le Merengues vince tutto: 4 volte la Liga, 3 Champions League, 2 Coppe Intercontinentali, una Supercoppa UEFA e 3 Supercoppe di Spagna. Manca solo la Copa del Rey, ma in bacheca ci sono anche due Coppe America, una Confederations Cup e, soprattutto, un Mondiale. In quel 2002, l’anno del quinto titolo della Seleçao, Roberto Carlos è al top della forma e non vince il Pallone d’Oro solamente perché c’è un Fenomeno che insieme all’Hombre Bala ha trascinato il Brasile in cima al mondo.
SCORPIONE - Roberto Carlos è protagonista anche dei famosi spot della Nike: oltre a quello dell’aeroporto, in cui spedisce in orbita un pallone e tutto il resto della squadra lo rincorre per mandare in porta Ronaldo, c’è anche quello della gabbia ("The Secret Tournament"). Roberto Carlos firma un altro capolavoro, un altro colpo impresso nella memoria dell’immaginario collettivo: lo scorpione. "Os Tornados" è la squadra dell’Hombre Bala, formata da altri due giocatori "galattici": il Fenomeno e Luis Figo. Quello scorpione è leggenda: un colpo indescrivibile che spedisce a casa i Funk Seoul Brothers (Ronaldinho, Denilson e Seol Ki-Hyeon). Il tutto sottolineato da un eccezionale Eric Cantona che si sorprende ed esclama: «That’s a gooooaaal !!!».