Volpecina, il “figliol prodigo” del primo scudetto azzurro

Cresciuto nel settore giovanile del Napoli, il terzino era in prima squadra nel 1986-87. Con la Fiorentina ha disputato una finale di Coppa Uefa
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Nel 1961 la Terra non è abbastanza per l’uomo. Jurij Gagarin viene mandato nello spazio dall’Unione Sovietica e John Fitzgerald Kennedy presenta al Congresso degli Stati Uniti d’America il Programma Apollo, finalizzato allo sbarco sulla Luna. Sempre dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, a New York, un ragazzo pieno di ricci e con una chitarra acustica in mano inizia a farsi conoscere nell’ambiente musicale: il suo vero nome è Robert Allen Zimmerman, il mondo lo conoscerà come Bob Dylan. In un’insenatura sull’Isola di Cuba, conosciuta come la Baia dei Porci, arrivano dei mercenari addestrati dalla CIA per rovesciare il regime di Fidel Castro. Il Líder Máximo, però, insieme al fedele compagno Ernesto “El Che” Guevara, guida le Forze armate rivoluzionarie alla vittoria. È un momento di tensione incredibile, che sfocerà nella famosa crisi di ottobre. L’Europa, intanto, viene idealmente divisa in due dal Muro di Berlino. È il mondo in cui nasce Giuseppe Volpecina, un ragazzo tutta corsa e generosità che inizia a tirare i primi calci al pallone nella frazione di San Clemente, a pochi passi da Caserta. È con la maglia dei Falchetti rossoblù che si mette in mostra, tanto da essere chiamato dal Napoli. 


GLI INIZI - Il settore giovanile della società partenopea, a metà degli anni ‘70, è uno dei migliori d’Italia: strutture all’avanguardia e grandi ex giocatori ad allenare le varie squadre. Alla guida della Primavera c’è Mario Corso, leggenda della Grande Inter. C’è grande entusiasmo e voglia di vincere, non è un caso se nel 1975 il Napoli trionfa al Torneo di Viareggio. Tre anni più tardi, nel 1978, Volpecina arriva a giocarsi la Coppa Italia Primavera, ma davanti c’è una corazzata: l’Inter. I nerazzurri hanno un’età media più alta dei partenopei e schierano due giocatori di livello superiore: Beppe Baresi e Odoacre Chierico. Per il Napoli arriva una sconfitta sia all’andata, che al ritorno. L’anno successivo, però, raggiunge il successo nel campionato Primavera, il primo e l’unico della sua storia. È il fiore all’occhiello di un periodo d’oro, di uno splendido ciclo di un settore giovanile ben curato. Volpecina è uno dei protagonisti del trionfo azzurro, che arriva grazie alla vittoria sul Torino. Le porte della prima squadra si spalancano per molti di quel gruppo, tra cui anche Giuseppe, che fa il suo esordio sul palcoscenico della Serie A nella stagione 1979-80: è l’anno in cui Luis Vinicio lascia la panchina dei partenopei a Sormani. L’anno successivo, però, con 
Rino Marchesi alla guida del Napoli, Volpecina viene mandato a farsi le ossa più a Sud, in Sicilia, al Palermo, dove rimane per quat tro stagioni. Giuseppe è un punto fisso dei rosanero: gioca con continuità e quando spinge sulla fascia ha pochi eguali in Serie B. L’avventura in Sicilia, però, termina con la retrocessione in Serie C nel 1984. Volpecina, prima di tornare a Napoli, passa altre due stagioni in prestito al Pisa, squadra con la quale trova il successo continentale, vincendo la Mitropa Cup nel 1986. 


IL TRIONFO E L’ADDIO - È tutto pronto per il ritorno del figliol prodigo: Ottavio Bianchi lo richiama per completare la rosa che scrive la storia, quella che conquista il primo scudetto per la città di Napoli. Giuseppe è titolare già alla seconda giornata di campionato e alla sesta trova il suo primo gol in Serie A, contro l’Atalanta. Quello più importante, però, è il secondo, l’ultimo della stagione, ma il più famoso: a Torino contro la Juventus. Un sinistro a giro perfetto, che accarezza il palo e supera Tacconi. È la rete dell’1-3, il sigillo a una partita incredibile, indimenticabile per i tifosi partenopei, che da lì in avanti iniziano a credere nel Tricolore. Il Napoli non lascia più il comando della classifica (tranne che dopo la sconfitta con la Fiorentina alla quattordicesima giornata) e vince il suo primo scudetto della storia. Il trionfo non basta a Volpecina per mantenere un posto in squadra: viene ceduto all’Hellas Verona. Con gli scaligeri gioca due stagioni, entrambe sotto la guida di Osvaldo Bagnoli. Nella prima gioca 25 partite in Serie A e realizza due gol, nella seconda trova più continuità ma neanche una rete. Nel 1989 passa alla Fiorentina ed è un elemento fondamentale nella difesa di Bruno Giorgi, ma la squadra non ingrana in campionato. I viola lottano per non retrocedere e cambiano allenatore: arriva l’esordiente Ciccio Graziani e la Fiorentina, oltre a salvarsi, giunge in finale di Coppa Uefa, ma perde con la Juventus. Dopo un’altra stagione in viola torna a casa, alla Casertana, dove chiude la carriera.

 


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