Mario Frustalupi: mente e cuore a centrocampo

Sempre al centro del gioco, vinse uno scudetto con l'Inter nel 1971 e fu tra i protagonisti della prima Lazio tricolore
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Conquistava tutti con la simpatia. Aveva un sorriso per tutti, Mario Frustalupi, anche per l’amico Rodolfo Bianchi che saluta all’imbocco della Firenze-Mare. Sono le undici di sabato 14 aprile 1990. Sabato di Pasqua, con un cielo nero che piange tempesta. È partito da Pistoia, dove ha chiuso la carriera diventando poi direttore sportivo, per raggiungere la moglie che è già a Cervinia con sua sorella e con i figli Francesca e Nicolò. Chissà se la radio passava “I’ll be your everything”, la hit al numero 1 allora: “per te sarò tutto”. Guida veloce su una Lancia Thema, riabbracciare la famiglia vale l’abbandono del passo riflessivo da mezzala classica.

È minuto quando, da tifoso dell’Inter, si presenta a un provino per la Lazio. Fulvio Bernardini lo scarta: ritenta, sarai più fortunato. Lo sceglie la Sampdoria, ci resta otto stagioni di fila, ritroverà anche Bernardini che un po’ si pentirà di quel primo verdetto. Gianni Brera, però, continuerà a chiamarlo “il nano sapiente”. È in questi anni che, a una gara di sci, conosce Carla. Intanto il tempo peggiora, sulla A26, il cielo nero piange pioggia fitta che ferisce. 

ALL’INTER. Pioggia che porta brutti pensieri, come quando vai in panchina. E all’Inter, dove pure ha vinto uno scudetto al primo anno, stagione 1970-71, ci è andato quasi una volta su due, con l’ombra di Mario Corso a incombere come un cielo nero. È arrivato che lo davano già per vecchio, certo non è un bambino prodigio alla Mazzola o alla Rivera che han dovuto difendere uno status di campione per tutta la vita. Non si sente un fuoriclasse, ma un giocatore maturato piano, come il vino buono che però dura di più. Nell’estate del 1972, dopo la finale persa contro l’Ajax di Cruijff, l’Inter lo vende alla Lazio per portare in nerazzurro Peppiniello Massa, un idolo dei tifosi a cui quel nuovo trentenne non piace. Magari viene solo a svernare prima di ritirarsi, pensano. Almeno ha un cognome che torna buono per i derby. Mario Corso, però, è convinto che diventerà l’acquisto più importante del mercato della Lazio.

MARIO FRUSTALUPI ALLA LAZIO. Va subito in conflitto con Giorgio Chinaglia, perchè l’arroganza e i comportamenti da divo non li ha mai sopportati. Non si lega a nessuno dei clan che dividono lo spogliatoio, non gli piacciono le risse e meno che mai l’esibizione delle pistole. Ma in campo, quella Lazio gioca un calcio splendido. Maestrelli arretra Re Cecconi e finisce per esaltare la sua regia. La Lazio mette in fila otto vittorie consecutive e fino all’ultimo sogna lo scudetto. I tifosi in poco tempo si sono rimangiati tutti i dubbi dell’estate. Dubbi che invece cominciano a venire a Carla, che finito di sciare, mentre Nicolò e Francesca guardano la televisione, si chiede perché Mario non sia ancora arrivato. Son passate le tre, Mario dov’è? Mario non c’è. Mario non tornerà. È morto a San Salvatore Monferrato, alle 13,30, si è scontrato con una Golf guidata da un impiegato, Francesco Crivellari. C’erano anche la moglie, la figlia che compiva tre mesi e la madre: morti tutti anche loro.

TRIONFO E ADDII. In campo, lo sapevi sempre dov’era. Al centro del gioco. Sarò il vostro tutto, era la sua implicita promessa ad allenatori e tifosi. Nell’anno dello scudetto della Lazio, quell’indimenticabile 1973-74 passato alla storia del calcio italiano, giocherà tutte le partite. Quel trionfo è già leggenda. Ai biancocelesti resterà legato anche dopo la cessione al Cesena, avvenuta nel 1975, anche dopo la fine della carriera, arrivata nel 1981. Nel 1988 sarà lui a consigliare Ruben Sosa che quel 14 aprile 1990 al Flaminio segna contro l’Ascoli.

Pochi minuti dopo squilla il telefono di un giornalista di Pistoia, Athos Querci, come racconta Giuseppe Baiocco nel libro “Frustalupi. Il piccolo gigante del centrocampo”, che ricostruisce anche le fasi immediatamente successive all’incidente mortale. È il primo a sapere la verità, che passa triste e veloce, arriva a un dirigente della squadra e su, fino a Cervinia, dove un altro squillo di telefono penetra l’attesa gioiosa. Risponde Giorgia, la sorella di Carla. In un momento sbianca. Il primo pensiero è per i nipoti. Giorgia spegne la televisione. Il loro ultimo ricordo del padre, dell’uomo che conquistava con la simpatia, non può essere il servizio freddo di un telegiornale.


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