Quanti protagonisti di Milan-Roma (non riesco a chiamarlo derby, soprattutto dopo quello genuino di sabato scorso) avrebbero giocato martedì sera al Bernabeu? Già, perché si fa presto a esaltare il gioco stellare, lo spettacolo marziano dei due maghi della panchina, peraltro tra i più importanti della storia, Ancelotti e Pep, ma in Real-City ciò che mi ha stregato di nuovo è il valore infinito di numerosi interpreti, sono le loro caratteristiche in taluni casi uniche: da una parte la sofisticata qualità di Valverde e Bellingham, la tecnica nella velocità di Rodrygo e Vinicius, la maestria di Kroos e Modric, che quando è entrato ha cantato calcio, la personalità di Carvajal e l’esuberanza di Camavinga; dall’altra la supremazia tattica di Rodri e Kovacic, la superbia stilistica di Bernardo Silva e Foden. Ha deluso solo Haaland, sul quale Rüdiger, ispido e combattente, è stato più che perfetto. Del resto col norvegese ha un conto perennemente aperto.
Allora ripeto: quanti milanisti e romanisti avrebbero trovato posto dall’inizio? Azzardo Maignan e Tomori. Tra Leão e Vinicius continuo a preferire il brasiliano; forse anche Theo per Mendy. Della Roma, nessuno: Dybala sarebbe probabilmente entrato nella ripresa al posto di Foden, così come Lukaku che è sensibilmente più forte di Joselu.
La lunga premessa per sostenere che non è giusto - e fa pure male - confrontare il massimo col medio-alto: più opportuno, semmai, evidenziare gli sforzi di chi quel massimo l’ha perduto, noi, e prova in qualche modo a inseguirlo, oltre ad altri aspetti più prosaici, in primis quello che anche attraverso la sfida di stasera il calcio italiano potrebbe portare cinque squadre in SuperChampions.
Per migliorare dovremmo correggere il nostro spirito di adattamento. Non troppo tempo fa, quando eravamo ricchi, vincenti e famosi, festeggiavamo solo lo scudetto, le coppe vinte (e la salvezza). Poi siamo passati al secondo, terzo e quarto posto che aprivano alla Champions garantendo sei partite di livello e ricavi supplementari, quest’anno potrebbe essere premiante addirittura il quinto, otto le gare sicure, quattro i super incassi.
Milan-Roma non è Real-City e per molto tempo non potrà esserlo: chi fa calcio da noi, chi lo produce, dovrebbe capire che il futuro passa attraverso l’assorbimento di certi paragoni. Il ritorno ai livelli più alti non può essere soltanto occasionale, come l’anno scorso, bensì sistematico. Nel calcio chi si accontenta non gode.