Quando Romelu Lukaku alza le mani grandi come badili e picchia le palme contro quelle dei compagni, lo schiocco si sente a distanza. Persino dalla televisione: oltrepassa il muro sonoro della folla e plana sui tavoli e nelle stanze. Energia cinetica sul pallone ed energia morale sulla squadra, esattamente ciò che la Roma è andata a cercare in quel lussuoso avanzo di mercato misteriosamente lasciato nel piatto da club momentaneamente più dotati di risorse finanziarie.
Roma, avvio lento in Europa League
Non è affatto scarsa nei giallorossi, e ci mancherebbe con l’uomo che li conduce dalla panchina - ieri in realtà per via delle note vicende stava alto in tribuna stampa e scrutava i suoi come un barbagianni scruta un nido di topolini -, la determinazione nel metterci forza fisica, fierezza, muscoli carichi e caccia al portatore di palla avversario. Pure se, come di consuetudine, all’inizio sembra che qualcuno abbia appena svegliato i giocatori e a Bedia basta pedinare i difensori per procurarsi un’occasione di platino a prezzo stracciato. Sono cose che succedono ai vivi: infatti succede a Cristante. Fa parte della collezione di demoni di cui la Roma stenta a liberarsi e di cui abbiamo già avuto modo di parlare.
Roma, esperimento riuscito e identità di gioco
Ha viaggiato tanta acqua per l’orto, ieri, e il nuovo infortunio di Pellegrini rientra nella strana attitudine di questa squadra ad attirare come un magnete tutta la limatura di guai sparsa sul terreno circostante. Soprattutto quando il destino sembra per un momento raddrizzarsi. Ma, per restare alle sensazioni positive, c’è stato un intelligente ricambio nella formazione di partenza. C’è stato un esperimento decisamente riuscito di doppia punta autentica, una scarica di quell’energia sovrabbondante di cui si diceva. C’è stato un indizio di identità di gioco, con quelle penetrazioni centrali sostenute dalla sensibilità tecnica di suggeritori ispirati. Compreso, per quel pugno di minuti in cui è stato in campo, il disgraziatissimo Pellegrini. C’è stato un portiere, Svilar, al quale età e agilità concedono uscite salvifiche apparentemente oggi vietate al suo maestro Rui Patricio. C’è stato un saggio atteggiamento di conservazione delle forze, dato che di qui a pochissimo si ripresenterà ai pensieri una classifica di campionato da restaurare nel più breve tempo possibile. Cominciando da un Cagliari che non ha più punti da sprecare.
Roma, l'energia c'è
Sembra persino sgradevole, dopo questa serata di ragionevoli promesse e sentiti festeggiamenti, andare alla ricerca di ciò che ancora non va nella ricostruzione intrapresa da Mourinho. Ma occorre farlo, perché il Servette è una faccenda e gli avversari che verranno, Slavia Praga inclusa, tutt’altra. Nel primo tempo s’è visto quanto la squadra continui a patire le accelerazioni e ancora maggiormente le fasi di ritmo elevato imposte dagli avversari. La Roma ha energia, e ne abbiamo discusso. Ha tecnica, ha disposizione tattica, ha persino concentrazione quando si ricorda dei suoi scopi, dei suoi doveri e delle sue storie. Ha alternative, addirittura: per esempio ieri Celik, avviato in fascia da qualche piede fino, ha completato corse e creato gol.
Mourinho conosce la Roma
Non ha velocità intrinseca, e questo non è un problema da poco. Perché quasi tutto nel calcio si può allenare, il fisico, la tenuta, la consapevolezza, la sapienza tattica. Persino la tecnica, e fior di giocatori di nome hanno passato giornate davanti a un muro a calciare con il sinistro e stoppare con il destro, o viceversa a seconda dei gusti e delle necessità. Ma la velocità se non ce l’hai nessuno te la può dare. Per questo la Roma si è fatta venire i cinque minuti solo quando il Servette aveva speso il meglio di sé e ha abbassato la cresta, consentendo a Belotti di alzarla ulteriormente. Per questo Mourinho, che conosce i suoi topolini, chiede di accelerare ciò che si può, la trasmissione del pallone, e tiene in frigo finché è lecito farlo la sua Joya più grande.