Il buio dopo la Svizzera: se non si cambia è una Nazionale solo chiacchiere e distintivo

Barricando di parole la poltrona e la panchina, Gravina e Spalletti non hanno compreso le conseguenze devastanti del disastro Europeo. E non soltanto per essere stati eliminati negli ottavi, ma per avere ferito l'amore di milioni di tifosi per una Nazionale oggi senza futuro
Xavier Jacobelli
6 min

Rimirando la barricata di parole dietro la quale Gravina e Spalletti si sono trincerati in difesa di poltrona e panchina, la domanda sorge spontanea: di chi è la colpa se l'Italia è stata ignominiosamente, inverecondamente, disonorevolmente spazzata via dall'Europeo? Di tutti, cioè di nessuno. Vi ricordate le scuse di John Belushi a Carrie Fisher nei Blues Brothers? "Non ti ho tradito. Dico sul serio. Ero rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C'era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio". Ecco, siamo lì. Il presidente federale ha affermato: "Dimissioni? Nessuno può comandarci dall'esterno. Quando si cade, ci si rialza con la forza del progetto, delle idee, con il lavoro. Con la lucidità di evitare atti che portino danni superiori a quelli che ci sono ora".

Gravina, ricordi Abete e Prandelli?

A parte il fatto che, se appena appena Gravina ricordasse ciò che Abete e Prandelli fecero subito - sottolineiamo: subito - dopo l'eliminazione dal mondiale 2014, capirebbe che non c'è bisogno di 'comandare' dimissioni dall'esterno: il coraggio di riconoscere un fallimento o uno ce l'ha o non se lo può dare. Inoltre, dopo avere toccato il fondo a Berlino, il danno superiore può derivare se qualcuno comincia a scavare e, non cambiando le cose, il rischio c'è. Trovate la differenza fra Cesare ("Ho parlato con Abete dopo la partita, è giusto prendersi le responsabilità del progetto tecnico che non ha funzionato: ho deciso di rassegnare le mie dimissioni irrevocabili") e Luciano: "La responsabilità è mia, ma resto qui. Per ciò che si è visto, è chiaro che qualcosa ho sbagliato, tentando di ringiovanire la squadra". Qualcosa? Eh? Qualcosaaa? Ma lo strazio con la Svizzera di una Nazionale morta dentro? Ma la squadra senza gioco, senza idee, senza orgoglio, senza personalità, in totale stato di confusione, incapace di balbettare l'abc del calcio, tutto questo sconcio può essere riassunto nelle tre parole "qualcosa ho sbagliato?". Ma pensate che siamo tutti scemi?

Italia, Gravina e Spalletti: quante scuse!

E che dire della tenerezza di Gravina, vicepresidente dell'Uefa, quando si lamenta dei calendari internazionali, vidimati Uefa e Fifa, che sottraggono spazio alla Nazionale? Non risulta che Yakin, De La Fuente, Nagelsmann, Southgate, Martinez, Deschamps e gli altri ct si siano incatenati a Nyon o a Zurigo per protesta. Ancora Gravina: "In Italia il 67 per cento dei giocatori non è italiano". Ma va? L'ultimo report dell'Uefa dice che gli stranieri in Serie A siano il 63,4%; in Ligue 1 il 59,4 per cento; in Premier il 67,5 per cento. Dei 26 calciatori convocati da Yakin per l'Europeo, soltanto uno gioca in Svizzera, Renato Steffen, 32 anni, centrocampista del Lugano: il ct l'ha mandato in campo al 46' del secondo tempo, quando era già dal gol di Vargas, al trentesimo secondo della ripresa, che assaporava il trionfo la 'Nati', vezzeggiativo elvetico di Nationalmannschaft, Nazionale, massima espressione rossocrociata di un calcio da esportazione, anche in Italia (vogliamo parlare di Aebischer, Ndoye e Freuler?). Di nuovo Spalletti: "Ho avuto a disposizione soltanto dieci partite per preparare l'Europeo". Vero. Come Silvinho, ct dell'Albania; de La Fuente, ct della Spagna; Dalic, ct della Croazia; Yakin, ct della Svizzera.

Italia, non c'è tempo da perdere

Il 6 settembre, a Parigi, ci aspetta la Francia per il debutto nella Nations League, propedeutica alle qualificazioni ai Mondiali 2026, per la prima volta ospitate in tre Paesi (Canada, Messico, Usa) e con la partecipazione di 48 squadre. "Da italiano, un mondiale senza l'Italia è tragico. Bisogna rimboccarsi le maniche, lavorare, riformare per riportare l'Italia sul tetto del mondo anche nel calcio". Chi l'ha detto? Gianni Infantino, presidente della Fifa. Quando? Il 19 dicembre 2017, ricevendo il Collare d'oro del Coni a Roma. Sono trascorsi quasi sette anni e siamo punto e a capo. Gravina e Spalletti non hanno ancora compreso le conseguenze devastanti del disastro combinato all'Europeo. E non soltanto per essere stati eliminati negli ottavi, ma, soprattutto, per avere ferito l'amore di milioni di tifosi per una Nazionale che oggi, con questa gestione, non ha un futuro.


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