Italia, e da oggi tutti a Ibiza

Leggi il commento sulla squadra azzurra dopo l’eliminazione dall’Europeo
Cristiano Gatti
4 min
In un’altra vita, in un’altra Italia, dopo una Corea venivano i giorni dei pomodori all’aeroporto (accoglienza vegana). Adesso che tutto è cambiato, non ci sarà bisogno dell’umiliazione pubblica. Sicuramente abbiamo a che fare con azzurri diversi, di ultima generazione e di ultimissima mentalità, gente che si affligge già abbastanza da sola perché il popolo possa pensare alla lapidazione di piazza. Il nuovo rituale prevede le scuse sotto la curva con lo sguardo da cucciolone, le facce da veglia funebre al momento delle interviste, poi il rompete le righe e la fase più dolorosa, tutti a fare penitenza sui lidi di Ibiza e di Formentera. 

Conoscendo l’indole e il rigore di questi miti moderni, sarà un’autoflagellazione impietosa. Prima andranno a farsi un nuovo tatuaggio (chiedo per un amico: si tatuano anche le date delle figuracce più clamorose?), quindi passeranno dal parrucchiere per una di quelle ultimissime tonsure, che tanto ci hanno contraddistinto agli Europei (Dimarco numero uno, a mani basse). Sarà durissima. Ma niente in confronto al dopo. Inconsolabili e devastati dal rimorso, castigandosi fino al sadismo, si infliggeranno le pene più disumane. Sicuramente. Bisognerà tenerli d’occhio, perchè questi sono capaci di tutto, anche dei gesti più estremi: balli da sfinimento sui tavoli dei locali tendenziali, selfie incessanti sugli yacht con la fidanzata influencer smutandata, gare di mohito fino alle sei di mattina. Possiamo dirlo: per questo Europeo perso nel modo più ignobile, non ci dormiranno la notte. Sicuramente.  

Però. Lasciandoli ai loro impietosi esami di coscienza, a queste loro meritate vacanze (vengono da una stagione stressante, lo sappiamo: tu pensa comunque che vacanze spetterebbero ai tifosi dopo lo stress dell’altra sera), lasciando i nostri fenomeni alle loro personali espiazioni, possiamo congedarli con un’ultima richiesta: ragazzi, le vacanze fatele, ma non raccontatecele. Prendiamoci una pausa. Salutiamoci qui e per un po’ perdiamoci di vista. Nessuno vi chiede di rinchiudervi nelle atmosfere quaresimali di un monastero remoto o nell’isolamento penitenziale delle lontananze tibetane: vi si chiede soltanto un dignitoso silenzio. Sparite, fate perdere le tracce. Non sarebbe carino inondare il Paese delle solite storie Instagram, dei soliti post diffusi a tappeto, quel genere di cartoline moderne che ogni estate semina in giro gossip spogliato e bella vita fuori budget. Fuori dalle righe e fuori dal normale. Non è una questione di moralismo talebano: diciamo semplicemente che è una banale questione di opportunità. E se non passo per esagerato, direi anche di dignità (dice niente questa parola?). Avendovi appena visti con la Svizzera, creerebbe comunque un certo disagio ritrovarvi dopo pochi giorni mentre pagate dazio col Dom Perignon in mano, nelle movide infuocate dei nuovi briatori. 

Silenzio, risarciteci almeno con un giusto dosaggio di silenzio. E magari, se non è pretendere troppo, anche con un’improvvisa riscoperta di quel sentimento desueto, obsoleto, rimosso che altre generazioni si sono ritrovato sempre accanto, dentro, tutti i giorni della loro crescita, dall’asilo al liceo, dall’oratorio all’università, quel sentimento vintage e decisamente pop, però eternamente utile e rispettabile, chiamato vergogna. Sicuramente sapete che cosa sia. Sicuramente.  

Dice Seneca, l’amico stoico più evoluto: da certe sconfitte si impara più che da tante vittorie. Sarà così anche per i nostri valorosi azzurri: so per certo che nel ritiro degli Europei Seneca andava via come il pane, se lo strappavano di mano. Stiamo sereni. Dalla sconfitta perfetta, usciranno migliori. Sicuramente.  


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