Italia, la tradizione e le certezze

Leggi il commento in vista della partita degli azzurri di Spalletti contro la Svizzera negli ottavi di Euro 2024
Italia, la tradizione e le certezze© Getty Images for FIGC
Alberto Polverosi
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C’è stato un tempo, un lungo tempo, sia prima che dopo la guerra, in cui la Svizzera non ci creava nessun imbarazzo, nessuna tensione. Dopo la sconfitta alle Olimpiadi del ’24 (un secolo fa), nei successivi 14 anni non abbiamo più perso e l’abbiamo battuta 11 volte su 14. Dopo la guerra, dal ’60 all’82, altre 10 partite senza sconfitta e con 6 vittorie degli azzurri. La distanza fra noi e loro ha cominciato a farsi più sottile negli anni ’90, quando la Svizzera stava per complicare la nostra qualificazione a Usa ’94 col 2-2 di Cagliari. Ct Sacchi. Quella sera l’Italia di Arrigo agguantò il pareggio all’ultimo tuffo, come l’Italia di Spalletti con la Croazia. Oggi Zaccagni, allora Baggio all’83' ed Eranio al 90', da 0-2 a 2-2. Lo spauracchio dell’epoca era il centravanti Chapuisat, quello di adesso è Ndoye. Lentamente, ma nemmeno tanto lentamente, la Svizzera ha raggiunto il nostro livello e nel momento buono (per loro, non per noi) ci ha scaraventato fuori dal Mondiale. Potremmo, anzi dovremmo, chiederci come un Paese di 9 milioni di abitanti (un quarto del nostro), con 400.000 giocatori tesserati (noi ne abbiamo un milione e mezzo), calcisticamente senza le nostre tradizioni, sia riuscito a recuperare questa distanza modificando i rapporti di forza, ma non oggi, non alla vigilia di una partita che ha il potere di dividere a metà strada il nostro umore e anche il nostro futuro, dalla forte delusione (in caso di eliminazione) al conforto (in caso di vittoria), dalla gestione difficile, complicata e velenosa (il veleno che si inietta il ct, come lui stesso ha detto) dei due anni che ci separano dal prossimo Mondiale a un’attesa più serena. Poi ci dovremmo chiedere anche perché stasera, a Berlino, l’Olympiastadion avrà più tifosi (molti di più) della Svizzera che dell’Italia, ma anche questo argomento, peraltro non proprio originale purtroppo per noi, va rinviato a prossime letture.

L'analisi di Svizzera-Italia

Ci aspettano con una squadra che, per quanto visto finora, sta meglio della nostra. Spalletti sta ancora cercando la base, Yakin invece cerca l’altezza. La base ce l’ha già, il modulo, il sistema di gioco, la manovra, tutto consolidato, e anche i cambi, ovvero la ricchezza della rosa: in tutt’e tre le partite del girone ha alternato i tre attaccanti e durante la gara li ha sempre sostituiti. Si fida di quei sei. Nemmeno loro hanno dei fenomeni, però mediamente sono tutti buoni giocatori in ottima condizione. Hanno certezze, noi per ora soltanto speranze. È solo una differenza alla vigilia, poi in campo la storia cambia. Deve cambiare. Segnano più dell’Italia (5 gol a 3), ma come noi hanno una difesa di spessore, comandata dal miglior centrale delle prime tre giornate dell’Europeo, il citizen Akanji. Solo che la Svizzera non la cambia mai, Schär, Akanji e il granata Rodriguez, l’Italia l’ha cambiata, modulo compreso, dopo la Spagna (inevitabile) e la cambierà anche stasera per la squalifica di Calafiori. Hanno un piccolo blocco che aumenta le sicurezze del ct, che poi il “blocchetto” abbia radici italiane (bolognesi per la precisione) a Yakin interessa poco. Dovremo stare attenti soprattutto a quei tre, a Aebischer (gol e assist), a Freuler (doppietta di assist) e a Ndoye che ha segnato già un gol, esattamente quanti ne ha fatti in tutto il campionato nel Bologna.


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