A Luciano Spalletti il coraggio non è mai mancato, da quando ha proposto un grande calcio coniando il 4-2-3-1 fino ai ruoli inventati per i suoi giocatori. Totti centravanti, Perrotta trequartista, per esempio, nella sua Roma più bella. Anche l’Inter e il Napoli campione d’Italia erano sue creature che avevano la sua nitida impronta, capaci di assimilare un calcio complesso, sempre propositivo e mai banale. Ieri Spalletti ha avuto il coraggio di cambiare, proprio nella partita più importante, quella decisiva. Dal 4-1-4-1 sbiadito contro la Spagna al 3-5-2 iniziale che sapeva di ultima spiaggia di ieri sera a Lipsia.
Per allontanare la paura Spalletti ha scelto di affidarsi alle indicazioni provenienti dal campionato, che ha avuto una padrona assoluta: l’Inter. Contro la Croazia nella ripresa in campo cinque nerazzurri, nel modulo che ha premiato Simone Inzaghi. L’Italia si è salvata nell’ultimo minuto di recupero, ma resta la modestia di una squadra figlia di un movimento calcistico che è rimasto indietro e non riesce a riformarsi. L’assenza di un grande centravanti che l’Italia si porta dietro da anni è solo la lacuna più evidente di un gruppo privo di leader e che ha una qualità tecnica bassa.