Italia, non è finita finché non è finita

Leggi il commento del Direttore del Corriere dello Sport - Stadio
Ivan Zazzaroni
4 min
Grazie, Gigio, e grazie Albania. E adesso posso cominciare. Non abbattiamoci: non siamo un granché, ma nemmeno quelli presi a pallate dalla Spagna. E poi siamo ancora vivi, almeno credo. In fondo abbiamo perso soltanto su autogol (giuro che questa voleva essere, ed è, una battuta). E, se non le prendiamo anche dalla Croazia, passiamo agli ottavi come secondi del girone. 

Reset: torniamo al momento iniziale, a quando ci siamo pensati forti dopo il successo sull’Albania. Con quel “podemos” di mercoledì avevo scelto l’ottimismo. Così, per sentirmi (e sentirci) meglio, per non presentarci sconfitti in partenza. Non avrei immaginato, però, che la Nazionale potesse subire una lezione di tale portata. La Spagna ci ha nascosto il pallone per quasi tutta la partita: l’abbiamo visto all’inizio e negli ultimi dieci minuti. Troppe volte l’abbiamo consegnato ai nostri avversari che ci hanno surclassato sul piano fisico, della corsa, dell’attenzione, dell’organizzazione. Del temperamento.  

Spalletti le ha tentate tutte, inutilmente: qualsiasi cambiamento - tattico, tecnico - non ha prodotto gli effetti sperati. Solo Cristante ha portato qualcosa di buono. Per tutto il primo tempo non siamo praticamente esistiti. Non è esistito soprattutto Di Lorenzo, frastornato dalla rapidità e dall’imprevedibilità tecnica di Nico Williams; e sono risultati poco più che ombre Jorginho, Dimarco, Scamacca, Pellegrini e Chiesa, timidi come non mai contro una Spagna che ci ha palleggiato addosso: chi l’aveva descritta “verticale”, se l’è ritrovata orizzontale, trasversale, diagonale, perpendicolare, intersecante, obliqua, concava e convessa. Insomma, drammaticamente superiore. 

Fabian e Pedri, Nico e Yamal e Cucurella - troppo spazio concesso a costruttori e incursori - non ci hanno fatto respirare e la nostra imprecisione nelle uscite (in primis di Frattesi e Jorginho) ha favorito il loro tiki-attakka (evoluzione del tikitaka). Eccessivamente difensivo per oltre un’ora l’atteggiamento con una sola punta, Scamacca, e Pellegrini esterno. Ribadisco: non è finita finché non è finita. Non ricordo chi lo disse, ma ho letto che l’energia positiva è attratta dall’energia positiva.

La versione di Platini (lo scusiamo per il ritardo) 

Intervistato da Le Figaro, Michel Platini ha disegnato uno scenario estremamente realistico e, per come vanno le cose, addirittura auspicabile. «Dopo la sentenza della Corte europea la quale ha stabilito che Fifa e Uefa non hanno più il monopolio delle competizioni, il calcio esploderà» ha spiegato. «Tanta gente che, come me, non ama Fifa e Uefa mi sta contattando... La Superlega si farà, è ineluttabile. Sarebbe stata impossibile quando alla guida dell’Uefa c’ero io, d’altronde azzerai il G14 che voleva uccidere il calcio. Oggi tutti se ne fregano di Aleksander Ceferin. Che ha fatto i conti sbagliati, cambiando la Champions solo per distribuire più partite e soldi ai club che vogliono gestirli... Non si può più confondere il romanticismo con i fatturati. Il calcio è business, i giocatori sono delle imprese e i club dei marchi». 
Una visione lucidissima: mi sarebbe tuttavia piaciuto che Michel avesse difeso gli interessi del calcio quando rappresentava l’istituzione europea. Non si può avere tutto. Conservo il buono della sua ultima uscita. 


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