Esta vez podemos conseguirlo. Sono convinto che con la Spagna possiamo fare una signora partita e vincere. Premetto che non bevo alcolici - al massimo un bicchiere di Gewürztraminer a tavola la domenica -, non fumo e gli unici stupefacenti che assumo quotidianamente sono gli affetti. Eppure da giorni mi sveglio con un carico di inspiegabile ottimismo, considerato che delle ultime undici sfide con gli spagnoli ne abbiamo vinte soltanto due. Due su undici, una delle quali ai rigori. Anche l’effetto Albania incide pochissimo sul buonumore perché Sylvinho ha giocato per noi. Raramente abbiamo affrontato in una fase finale un avversario altrettanto collaborativo: ha difeso basso, ci ha lasciato palleggiare e non ha mai pressato sulle uscite di Barella e Jorginho concedendo spazi ai quali normalmente non siamo abituati. Diciamo che mi è scattata la fiducia a prescindere. Anche le discorsesse sulla fine del tiki-taka (lo scrivo alla Pardo) non le ho trovate eccitanti poiché ampiamente superate dai fatti, dal campo e da Guardiola: il palleggio degli spagnoli resta di prim’ordine e la verticalità deriva soprattutto dal logico sfruttamento delle caratteristiche fisiche e tecniche di Nico Williams e Yamal.
La mediana Pedri Rodri Fabian è tra le più forti al mondo e se ci palleggia addosso sono augelli senza azùcar: servirà pazienza, tanta, per cercare di mettere in difficoltà i tre superbi costruttori. E poi c’è Morata, che noi italiani abbiamo sempre sofferto. Dubito che il dominio della partita sarà nostro, ma do molto credito agli incursori Barella, Frattesi, Chiesa (non chiediamogli la fase difensiva sennò lo perdiamo) e Dimarco che se mantiene la concentrazione dal primo minuto al momento del cambio può mettere in crisi de la Fuente. La partita di attesa e ripartenza non è proprio nelle corde di Spalletti, allenatore di proposta, tuttavia la sua abilità strategica può produrre un’interpretazione combinata. Insomma, podemos. E se proprio non podemos, almeno empatamos.