Italia-Albania, tracce evidenti di Spalletti

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Italia-Albania, tracce evidenti di Spalletti© Getty Images for FIGC
Ivan Zazzaroni
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Per rivedere un’Italia così dominante sarei disposto a subire ogni volta un gol ridicolo dopo ventitré secondi. Ma anche dopo ventidue. Il guaio è che da qui in avanti non ci ritroveremo di fronte avversari altrettanto intimiditi.
Per il momento dobbiamo goderci la prestazione nel suo complesso - non càpita spesso -, il senso compiuto di squadra, la prontezza con cui abbiamo saputo reagire all’incredibile errore iniziale, la superiorità mostrata tanto nel possesso quanto nel rapido rientro da una palla persa. L’applicazione, la consapevolezza dei ragazzi, insomma, venute un pochino meno soltanto nel finale.
Con insolito piacere non ricordo di aver visto un azzurro fermo sul posto per più di 5 secondi. Gli spazi concessi dall’Albania ci hanno certamente favorito, ma siamo stati bravi a sfruttarli. Specie nella prima ora.
Singolare la modalità del nostro felice esordio. La prima rete l’ha segnata in gran parte con le mani Dimarco, il pareggio l’ha firmato Bastoni, il punto del vantaggio Barella, sul 2 a 1 a centrare un palo è stato Frattesi e dopo poco più di mezz’ora abbiamo capito (una volta di più) perché l’Inter ha vinto lo scudetto con 19 punti sul Milan. Spalletti c’era arrivato prima di noi per questo ha puntato sul mini-blocco interista rischiando in difesa tre mancini su quattro: per inciso, affiancando Calafiori a Bastoni, ha ripresentato in un grande torneo una coppia di centrali Inter-Bologna dopo 56 anni, l’ultima volta furono Burgnich e Guarneri nella finale di Euro ’68.
L’Italia è andata dunque molto meglio del previsto, l’Albania assai peggio: è stato a lungo tutto troppo facile e bello. Per questo non sono in grado di dire quanto valga realmente l’Italia, alla quale chiediamo di andare contro la storia recente.
Mi spiego meglio. L’eccezionalità del successo di Wembley 2021 risiede nell’interruzione della serie negativa dell’Italia che durava dal 2008, ovvero dai quarti dell’Europeo nei quali uscimmo sconfitti dalla Spagna di Xavi, Iniesta, Ramos e Silva, fenomeno nascente del calcio mondiale. Un anno dopo l’eurotrionfo, infatti, siamo tornati daccapo.
L’errore che commettiamo spesso è quello di considerare il 2018 - Mondiale mancato - l’anno della nostra prima grande involuzione tecnica, culminata appunto con l’esclusione (anche) da Qatar ’22.
La verità è che trascuriamo le precedenti edizioni del Mondiale in cui fummo invece presenti, 2010 e 2014: tre sole partite e a casa. La prima volta piazzandoci ultimi nel girone con Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda; la seconda, terzi nel gruppo con Inghilterra, Costarica e Uruguay.
Messo tuttavia da parte il passato in una serata di soddisfazioni, segnalo, anche se non ce n’è bisogno, che in chiave superamento del turno è importantissimo aver iniziato con tre punti, soprattutto dopo che la Croazia ha preso tre pappine dalla Spagna.

* Asterisken

* Fabian Ruiz mi riconcilia col calcio che più amo, quello di purissima tecnica. Del Napoli è stato a lungo il mio giocatore preferito e anche al Psg s’impone raffinatezza stilistica. Il gol e l’assist per Morata le cose migliori di questi primi due giorni europei. Nei casi suo e di Luis Alberto la lentezza è un sentimento.

* Dopo il primo tempo di Ungheria-Svizzera - gol di Aebischer e eccellenti prestazioni di Freuler e Ndoye - ho telefonato a Giovanni Sartori che li ha portati al Bologna: quando uno è bravo, ha occhio, ci prende con notevole frequenza ed è un sopravvissuto del settore, merita carezze giornalistiche e tifose.


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