Spalletti, il commissario tonico

Leggi il commento del direttore del Corriere dello Sport - Stadio
Ivan Zazzaroni
3 min

Se i 5 comandamenti di Spalletti, la metà di quelli di Mosé - sempre di guide si tratta - si potessero estendere al Paese per tutto il mese dell’Europeo (io mi accontenterei), ovvero da oggi al 14 luglio, sai che gusto. Li ricordo in ordine di promulgazione, prima che le acque - rigorosamente Lete o Uliveto - ci dividano in scettici e speranzosi:

1) I ritardi non sono tollerati a tavola. (Oltre che sul pallone).
2) Limitare l’uso dei cellulari: solo prima di pranzo e cena, mai a tavola o durante una riunione. (Tollerato il rutto libero).
3) Vietato indossare le cuffie: nessuno deve estraniarsi «con lo sguardo da ebete». (A meno che non l’abbia dalla nascita; sono naturalmente esentati i pallanuotisti).
4) Playstation sì, ma soltanto nella sala giochi. (La Sony ringrazia sentitamente).
5) Risate e scherzi vanno dosati: si lavora divertendosi, ma con la massima concentrazione. (Il modello da seguire non è Lol: chi fa ridere è fuori).

Con quattro settimane “alla Lucio” l’Italia-Paese riacquisterebbe sembianze umane, alcune regole minime troverebbero un’applicazione concreta, torneremmo a parlare col vicino di casa (o di posto) e insomma la vita risulterebbe più godibile di un Europeo vinto. Viva Spalletti, dunque, e il continuo bisogno di rompere gli schemi non solo in campo, e viva la sua personalissima comunicazione da molti non compresa ma che incontra parecchi consensi tra chi lavora con lui. Sabato scorso ho viaggiato con De Rossi - questo posso raccontarlo - e mi ha parlato splendidamente dell’allenatore toscano e del rapporto che riesce a instaurare col gruppo, gruppo che diventa un circolo positivo e chiuso agli altri.

Sono convinto che proprio la capacità del ct di entrare nella testa dei giocatori possa essere l’arma più efficace di una Nazionale non proprio esaltante sul pianto tecnico. In quattro settimane può accadere di tutto, l’abbiamo visto tre anni fa, ma anche nel 2004 quando in Portogallo a trionfare fu la Grecia. Per non tornare indietro fino al 1992, campione la Danimarca, oltretutto ripescata. Agli Europei ci siamo spesso presentati con formazioni più solide e qualitative eppure abbiamo dovuto aspettare 53 anni per riprenderci il titolo. Germania, Inghilterra, Francia, Portogallo e Spagna sono più attrezzate di noi, i francesi li considero i favoriti meglio spendibili. Ribadisco che negli ultimi anni il livello del calcio internazionale si è notevolmente abbassato. E allora proviamo a fidarci degli azzurri, rinunciando a ritardi, smartphone, Playstation, cuffie e inutili risate. W l’Italia, W il Corriere. Dello Sport.


© RIPRODUZIONE RISERVATA