Italia, i fratelli di maglia

Leggi il commento sui “fantastici 5” a Coverciano con la Nazionale
Italia, i fratelli di maglia© Getty Images
Alberto Polverosi
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Gianni ha qualcosa da farsi perdonare, un gol preso su calcio d’angolo mentre lui è sul palo e non riesce nemmeno a sfiorare il tocco di testa di Gerd Müller. È il 3-3 di Italia-Germania, la partita del secolo. Così prende la palla, la riporta sul dischetto di metà campo, la consegna a De Sisti, tocco per Facchetti, lancio per Boninsegna a sinistra, scatto, Willi Schulz incenerito, cross e lui, Gianni Rivera, è lì, in mezzo all’area tedesca, sospinto dal vento di una fantastica vendetta: calcetto diabolico di interno, Sepp Maier vola a sinistra, la palla entra a destra. Italia-Germania 4-3, il 17 giugno 1970.  

Giancarlo gioca sempre con la testa alta, ha uno stile invidiato nel mondo, la palla non si stacca mai dal piede e quando succede sono guai per gli avversari. Come quella volta all’Olimpico, 17 novembre ‘76, Italia-Inghilterra decisiva per la qualificazione al Mondiale argentino del ‘78. Punizione pochi metri fuori area per un fallo su Causio. Antognoni va dal Barone, gli dice che tira lui, Causio deve solo toccargli la palla. Un tocco corto e Antonio fa partire il suo destro che sfiora la caviglia di un futuro Pallone d’Oro, Kevin Keegan, e batte Clemence.  
Roberto non si è quasi visto in un Mondiale che dovrebbe essere il suo Mondiale. Boston è l’ultima possibilità, ma la Nigeria sta vincendo e mancano due minuti. Solo una magìa ci può tirar giù dalle scalette dell’aereo che già romba sulla pista per riportarci tristi in Italia. Siamo in 10 per la folle espulsione di Zola, ma attacchiamo. Mussi si infila in area, vede Baggino, il passaggio sembra un inchino, un passaggio devoto, e Roby mette una palla da calcio in un angolo dove entrerebbe a fatica una pallina da tennis. La magìa. È il 5 luglio 1994, sarà Baggio a portarci fino alla finale di Pasadena.  
Mentre la squadra è abbracciata nel cerchio di metà campo, Francesco va da Di Biagio e gli dice in un orecchio: «Mo’, je faccio er cucchiaio». Nessuno sa come abbiamo fatto a resistere all’Olanda in quella straordinaria semifinale. Fin lì (e anche dopo...) ci ha salvato Toldo, ma ora che ci siamo arrivati dobbiamo battere i rigori. Hanno già segnato Di Biagio e Pessotto, loro hanno sbagliato i primi due, ora tocca a Totti. Che va verso la porta olandese con uno sguardo beffardo, come se volesse avvertire anche il pallone, stai a vedere che ti combino. Parte la rincorsa, Van der Sar va giù a destra e lui da sotto accarezza il pallone che si alza e si abbassa, docile, dolce e velenoso. È il 29 giugno 2000, andiamo in finale all’Europeo.  
Alex parte mentre Cannavaro col suo petto in fuori strappa la palla ai tedeschi. Il vento gonfia la maglietta di Del Piero quando Totti lancia Gilardino e Gila con la coda dell’occhio lo vede arrivare, allora lo premia con la palla giusta, Del Piero fa una piccola rotazione su se stesso e di destro la fa ruotare nell’angolino alto dove Lehmann può solo vederla. E odiarla. Il muro bianco del Westfalstadion è muto, il 4 luglio 2006 noi ci imbarchiamo per Berlino.  
Ieri, 3 giugno 2024, una data che ha il diritto di diventare storica, il calcio italiano nella sua espressione più alta, quella del numero 10, il calcio che ha riempito la nostra vita, che ha rallegrato la nostra fantasia, che ci ha fatto sognare, emozionare, ridere e piangere di gioia, si è riunito a Coverciano su invito di Luciano Spalletti. È stata un’idea fantastica, non poteva esserci una carica emotiva più potente per iniziare il cammino dell’Europeo. Bastava guardare quei vecchi ragazzi negli occhi per capire cosa è stata per loro la maglia della Nazionale. Se lo sarà anche per gli eredi, andremo lontano pure stavolta. 


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