Masolin esclusiva: "Italia, puoi crederci. Ai pregiudizi rispondo così..."

La conduttrice di Sky si racconta: "Mi aspetto la svolta da Scamacca che può essere il Sinner di Spalletti. Finalmente si è capito che una donna può parlare di calcio, farlo con preparazione e professionalità"
Giorgio Marota
5 min

Casa Masolin, luglio 2006, caldo atroce e sogni grandi. La giovane Federica, 21 anni appena compiuti, s'immagina a Berlino con le telecronache di Caressa e Bergomi, mentre esulta sul divano accanto a papà Flavio. «Quello è stato il nostro Mondiale, mio e di mio papà, vissuto con il cuore in gola» racconta oggi, diciotto anni dopo, mentre entra all’Olympiastadion di Berlino da protagonista per raccontare la vigilia degli azzurri di Spalletti. La sua prospettiva oggi è privilegiatissima: una terrazza con vista proprio su quel campo dove Cannavaro sollevò al cielo la coppa del mondo. Il suo volto solare, sorridente e rassicurante è divenuto familiare per milioni di italiani.

Sensazioni per Svizzera-Italia?

«Entrare in questo stadio mi ha fatto venire i brividi, non ci ero mai stata ed è qualcosa di unico. Entrando qui ho detto “wow” e ho pensato a tutte le partite che ho vissuto accanto a mio papà nel 2006. Speriamo di aver restituito un po' di questa emozione a tutte le persone che ci stanno seguendo da casa».

Il gol di Del Piero contro la Germania che ci ha portato a Berlino somiglia tanto a quello di Zaccagni che ci ha riportato qui.

«A proposito di destino... vale la pena credere in questa Italia, a volte le storie più belle passano da una sofferenza. Nel calcio come nella vita».

È stato suo padre a trasmetterle l’amore per il calcio?

«Sì e direi per lo sport in generale. Forse sono stata per lui il figlio maschio che avrebbe voluto accanto per parlare di tattica, di formazioni, di mercato e di gol. Da piccolina gli facevo sessantamila domande durante le partite».

Lei è laureata in lettere moderne, conosce quattro lingue e discute di calcio con grandi campioni. Quanto è difficile, da donna, essere giudicata per la propria competenza in un mondo a trazione maschile e ricco di pregiudizi?

«Devo dire che questo aspetto mi inorgoglisce molto. Sento di poter essere un modello e un esempio per tante ragazze che aspirano a essere giornaliste. Faccio il lavoro dei miei sogni, mi sento una privilegiata, tantissime giovani mi chiedono consigli sul percorso da intraprendere. Rispetto a qualche anno fa c’è molta più consapevolezza: finalmente si è capito che una donna può parlare di calcio, farlo con preparazione e professionalità, ben oltre l’aspetto estetico»

A proposito di estetica ma del calcio: questa Italia le piace?

«Contro la Spagna non è andata bene. Ma io non perdo mai la fiducia. I nostri talent Del Piero, Bergomi, Costacurta e tanti altri mi dicono continuamente che la maglia azzurra ti fa tirare fuori qualcosa di speciale, qualcosa che devono aver sentito dentro anche Calafiori e Zaccagni nell’ultima azione della partita con la Croazia. Saremmo stati eliminati senza quel gol, speriamo sia stato un clic mentale. La paura a volte serve»

A chi ci aggrappiamo contro la Svizzera?

«Beh da quello che abbiamo visto io mi sento super sicura con Donnarumma, il miglior giocatore dello scorso Europeo che si è già candidato alla conferma. Oggi è un vero capitano, sempre più leader»

Questa Nazionale ce l'ha un Sinner?

«Ancora no, ma c'è un bellissimo gruppo. Mi auguro possa diventarlo Scamacca, spero si sblocchi già con la Svizzera perché abbiamo tanto bisogno dei suoi gol»

Com’è vivere un Europeo “sul campo”?

«Meraviglioso. Noi di Sky Sport siamo una grande squadra e il pubblico da casa, scegliendoci, continua a dimostrarci tanto affetto. Li portiamo dove succedono le cose, a contatto con gli azzurri, sempre in diretta e con tantissimi contenuti. Per me è la prima vera esperienza in esterna con il gruppo calcio, un banco di prova appassionante, stimolante ed emozionante. Mi sento fortunata»

La Formula1 le manca?

«È un mondo che amo, nel quale sono cresciuta. Non mi perdo neppure una gara»

Dicono che questa Spagna sia dominante come la RedBull.

«Beh sì, anche se pure la RedBull ha dimostrato di potersi inceppare. Quindi...»

Quindi?

«Quindi la Francia di Mbappé non è stata la nazionale devastante che ci aspettavamo, così come non lo sono state l’Inghilterra di Bellingham e la Germania padrona di casa. Lo sport ci insegna che il gruppo e la coesione valgono molto più dei singoli. Ecco perché credo nell’Italia. Avete presente la McLaren? Piano piano, ponendosi gli obiettivi giusti, è cresciuta. L'Italia deve crederci e non porre limiti ai suoi sogni».


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