Il calcio alla Vasco

Il calcio alla Vasco
Ivan Zazzaroni
4 min

C’ è qualcosa che non va, in questo cielo… C’è chi dice no, io non mi muovo. Vasco Rossi indica la strada - o la cura - al calcio, nel cui cielo non vanno in primo luogo i conti. Chi adesso dice no, e non si muove, è il Milan. E non solo. La linea Gazidis (Elliott) è chiara, fatico a definirla etica perché nel mondo del professionismo di etico ci sono esclusivamente le intenzioni. Etica no: seria, sì.

Leggo che l’Inter avrebbe fatto uno sgarbo al Milan tesserando Calhanoglu. Non può trattarsi di una scortesia: come il centrocampista, dopo una lunga negoziazione portata avanti da Gordon Stipic, ha deciso di andare a scadenza non avendo ottenuto quel che voleva (partito da 7 milioni l’anno, è sceso a 6 e infine a 5 più uno di bonus), così il Milan ha scelto di non “sconfessare” la cifra che aveva messo in budget per il nazionale turco (3,5, massimo 4 a stagione). Lo stesso trattamento ha riservato a Donnarumma che, a detta di Raiola, avrebbe accettato il prolungamento ma per una sola stagione: un piano annuale, o biennale, non rientrava nei programmi della società, per cui anche il portiere si è ritrovato libero di scegliere una nuova casa. Ed è finito a Parigi.

La grande novità dell’estate 2021 sono i presidenti che lasciano morire i contratti. E, di riflesso, l’alto numero di calciatori anche di prima fascia obbligati o disposti a cercarsi una squadra tra giugno e luglio (Sergio Ramos, Depay, Wijnaldum gli altri casi eclatanti): è uno degli effetti più evidenti della crisi post-pandemia. Finiti i canditi, come si dice dalle mie parti. Fino a uno o due anni fa sarebbero piovute critiche pesanti sui club incapaci di trovare un accordo con il campione prossimo alla scadenza, oggi - invece - non possiamo che comprendere chi dimostra di aver capito il momento, inseguendo coraggiosamente la sostenibilità senza rinunciare alla competitività.

Nel calcio si moltiplicano da anni attacchi a questo o quel procuratore che pretende commissioni elevatissime o al tal giocatore che chiede ingaggi mostruosi. Il prezzo lo fa il mercato, l’eccesso l’idiozia di chi spende. L’errore lo compie chi le mediazioni milionarie accetta di pagarle e chi l’ingaggio fuori mercato lo riconosce al campione o presunto tale. Le società piangono lacrime amare e sono alla canna del gas proprio perché non hanno saputo resistere alla tentazione di andare molto oltre le loro effettive possibilità: se mi fermo di fronte alla vetrina di un negozio, vedo un articolo che mi piace, penso che sia troppo caro per le mie tasche o non valga il prezzo indicato, ma entro e lo compro, poi non posso lamentarmi.

C’è un’altra novità di non poco conto che, unita all’accuratezza di taluni presidenti, potrebbe cambiare il cielo. Mancini ha realizzato, in pieno calciomercato, la davvero etica quanto intelligente impresa di scegliere e mostrare al mondo una ventina di ragazzi tecnicamente dotati, cresciuti in valide scuole con validissimi maestri (Atalanta e Sassuolo), già maturi per partecipare a un evento primario come l’Europeo e essere consacrati idoli dal popolo entusiasta. Il costo, quello dell’intuizione e della formazione: variabile.

Se qualcosa ha un solo prezzo, sarà un prezzo assurdo. Questo non è Vasco, è Bloch.


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