Dai quattro playmaker azzurri all'arcaico gioco scozzese

L'Italia è l'unica ad avere un poker di registi mentre Clarke ct dell'Armata dei Tartan per conquistare la qualificazione (difficile) deve puntare su altre qualità domani contro la Croazia. Il rischio del Belgio. La forza dell'Olanda
Dai quattro playmaker azzurri all'arcaico gioco scozzese© ansa
di Biagio Angrisani
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ROMA - Gli Europei 2020 sono sotto gli occhi di tutti e l’Italia manciniana è la prima squadra ad aver timbrato l’accesso agli ottavi a punteggio pieno. Soltanto Belgio e Olanda (molto temibile) possono fare altrettanto: entrambe in campo stasera rispettivamente contro Finlandia (cliente scomodo) e Macedonia. La Turchia è già a casa con zero punti. Rischiano la stessa situazione anche Danimarca e Macedonia.

Architetti e ingegneri calcistici

L’Italia è l’unica formazione agli Europei ad avere in rosa quattro playmaker (tre in servizio permanente effettivo e uno denaturalizzato nel corso della carriera, ma pronto all’uso). Jorginho è un regista modernissimo, puro e incredibilmente azzurro per miopia brasiliana non curata. L’unico capace di far conciliare, prima la nota Giulietta e il Napoli per un’intuizione di ADL, e poi salire con il Chelsea sul tetto della Champions dopo aver già alzato l’Europa League con Maurizio Sarri nella sua unica e proficua stagione del tecnico tosco-napoletano alla guida dei Blues. RobyMancio non solo ha anche Marco Verratti - classe innata, tra i calciatori più furbi al mondo (classico esempio di cazzimma allo stato puro) e coraggioso come pochi - ma dispone di Manuel Locatelli (22) che seppur leggermente ritoccato tatticamente per esigenze dello scacchiere azzurro, interpreta il ruolo con piglio, arguzia e prospettiva. E poi c’è anche Bryan Cristante, centrale contaminato dal "multiruolo utile” però pronto all’opera in caso di necessità: razza friulana, ci puoi contare specialmente se occorrono centimetri e muscoli. Sarebbe ingiusto non ricordare che in mediana ci sono incontristi-incursionisti come Nicolò Barella (su di lui molto occhi di club della Premier League) e Matteo Pessina. Roba seria.

 

L’arcaica Scozia e il ciclo croato

La Scozia allenata da Steve Clarke dopo la sconfitta nella gara contro la Repubblica Ceca e il pareggio a Wembley contro l’Inghilterra è a un passo dall’eliminazione a meno che non domani non si inventi una goleada contro la Croazia. Nel frattempo, l’aspetto più caratteristico di Tierney and c. è il loro gioco per certi versi retrò ma con un suo fascino. Non avendo grandissimi palleggiatori e fini dicitori, gli scozzesi giocano alla loro maniera classica adottando un 3-5-2 utilitaristico con Adams e Dykes in prima linea. Contro l’Inghilterra (in vetta al girone grazie soprattutto al gol di Sterling contro la Croazia), la squadra Clarke è stata a un passo dall’ammutolire del tutto i Leoni inglesi mentre i suoi duemila tifosi presenti nel Tempio (e altri trentamila sparsi nelle strade e nei pub londinesi) cantavano senza sosta. Uno spettacolo. La mischia finale nell’area scozzese con sette uomini addosso al portiere Marshall, d’incanto ha riportato per una decina di secondi questo football del XXI secolo nei paraggi della FreemasonsTavern in Great Queen Street, finché l’arbitro spagnolo Lahoz non ha fischiato un fallo di confusione lasciando inviolata la porta dell’Armata dei Tartan. Domani gli scozzesi a Glasgow venderanno cara la pelle contro Modric & associati. I croati si qualificano soltanto vincendo altrimenti prenderanno la strada per Zagabria mettendo pressoché fine a un ciclo molto importante della loro storia calcistica. Una curiosità: la Croazia non ha mai battuto la Scozia e il bilancio dei precedenti è di due pareggi e tre sconfitte.


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