Far disputare la coppa d’Africa al termine dei principali campionati nazionali era una cosa troppo sensata, logica, opportuna. Devo tuttavia sospettare che alla Fifa con la effe maiuscola non garantisse i ricavi (e i consensi) che per vocazione insegue. L’ultima edizione conosciuta, quella del 2019, si giocò in Egitto dal 21 giugno al 19 luglio e nessun torneo risultò danneggiato. Per la successiva in Camerun erano già state fissate le date, ideali: 11 giugno-9 luglio 2021.
Poi è scoppiata la pandemia che, oltre a stravolgere la vita di ognuno di noi, ha imposto lo spostamento di attività e eventi, sportivi e non. Ma non è questo il motivo che il 30 giugno scorso ha indotto Gianni Infantino a programmare la coppa dal 9 gennaio al 6 febbraio 2022, finendo per falsare i contenuti tecnici delle leghe alle quali sottrarrà per oltre un mese alcuni calciatori top: il massimo organismo calcistico mondiale ha infatti cambiato la concessionaria di pubblicità - ora cinese - che ha chiesto e ottenuto il periodo invernale. In queste ore qualcuno si è accorto che la spedizione potrebbe comportare rischi notevoli per la salute di atleti, dirigenti, accompagnatori e tifosi, visto che anche in Africa il covid è presentissimo.
L’Associazione europea dei club, ad esempio, ha minacciato la CAF di non far partire i calciatori per via di alcuni “dettagli” importanti ancora da sistemare, protocolli di sicurezza e altro. Chiarito che l’Eca non può obbligare gli atleti a rifiutare la convocazione - è prevista la squalifica -, sarebbe opportuno che in una fase emergenziale come l’attuale la Fifa usasse finalmente il buonsenso. Che non produce ricavi. Ma giova al calcio e alla vita.