Milan, niente progressi nessun futuro

Il commento sulla squadra rossonera, reduce dal successo sullo Slovan
Franco Ordine
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Di spiace dirlo a fine novembre ma a questo punto è inutile nascondere la malinconica realtà: non c’è futuro per questo Milan. Perché nella serata in cui rimette in sesto la classifica Champions scava una buca profonda sotto i piedi per la prova calcistica di pessimo livello offerta, per i due gol subiti e per gli errori clamorosi commessi al cospetto di un rivale che è ultimo con zero punti e si ritrova con una valanga di gol subiti. A questo punto infatti dei miglioramenti sventolati e promessi nelle passate settimane non c’è traccia alcuna. Anzi, al contrario invece di guadagnare una migliore disciplina tattica e un rigoroso equilibrio nelle posizioni in campo, si continuano a registrare clamorose sbavature, distrazioni costate due gol più un terzo salvato sulla linea da Pavlovic. Uno dei pochi a meritare la lode, Pulisic, racconta alla fine con parole garbate la triste realtà: “Dobbiamo giocare un po’ meglio”. Fosse così semplice! Al culmine di quattro mesi del nuovo corso Fonseca, dopo addestramenti, allenamenti ed esercitazioni, invece di chiudere qualche falla in difesa, se ne aprono sempre più grandi. Specie nelle marcature preventive, trascurate come può succedere solo tra dilettanti. 

Milan, che fatica  

Se questo Milan fa fatica nel piegare la resistenza dello Slovan, concedendo due gol agli ultimi della classe, beh allora non si può coltivare alcuna speranza di cambiare registro, di recuperare la solidità difensiva che soltanto con l’atteggiamento remissivo della Juve, è rimasta fuori discussione. Addetti ai lavori segnalano che, in certe occasioni, c’è la responsabilità dei calciatori in campo, incapaci di connettersi gli uni con gli altri, di richiamare qualche sodale a proteggere le spalle. Può essere ma forse questo risultato è anche responsabilità diretta per esempio di un cambio puntuale della coppia centrale delle sentinelle rossonere come a voler inseguire l’assortimento perfetto. Rispetto alla Juve escono Gabbia e Thiaw ed entrano Tomori e Pavlovic: il serbo salva i suoi da un gol nel primo tempo poi commette qualche scivolone di troppo; l’inglese invece di guidare il reparto ha bisogno lui di un leader, una guida. Certo poi arriva Leao partito dalla panchina e risolve un problema, dopo Pulisic ma sono, come si capisce al volo, solo e soltanto giocate personali, esaltate dal talento o del portoghese o dell’americano, uno dei più continui. Ma un Milan così non può nemmeno pensare in grande in Champions. Deve tornare alle elementari nozioni di difesa. 


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