Adesso diranno che Carlo Magno si è innamorato della coppa dalle grandi orecchie. Lo diranno a testimonianza didascalica della collezione personale che sta diventando unica e irraggiungibile da qui ai prossimi anni. Forse è invece il caso di rovesciare la narrazione e di stabilire che è vero esattamente il contrario. E cioè è la Champions che si è perdutamente innamorata di Carlo Ancelotti. Magari perché lui è, nella vita privata come nel calcio, un uomo fedele, capace di coltivare e custodire un sentimento per i colori di uno, al massimo due club, ribadito tra l’altro in più occasioni, pubbliche e solenni, “Real Madrid e Milan” la dichiarazione ripetuta come una litania in qualsiasi occasione, anche in tempi non sospetti e complicati, per esempio a Torino sulla panchina della Juve. Adesso diranno che Carlo VII è un allenatore fortunato perché dopo tanti mesi di assenza per un grave infortunio, è spuntato in porta quel gigante belga di Courtois capace nella fase più delicata della sfida londinese di opporsi con i suoi tentacoli alle punture del Borussia. E invece no. È esattamente il contrario perché è tutto scritto, tutto previsto dallo stesso Ancelotti nelle settimane precedenti quando prese da parte il suo portierone e gli predisse come sarebbe andata a finire nella finale di ieri notte. È già successo tanti anni prima, pensate un po’ ad Atene nel maggio del 2007, quando preferì Inzaghi a Gilardino nello schieramento del Milan in opposizione al suggerimento di Adriano Galliani «perché ero convinto che magari Pippo un paio di gol me li avrebbe fatti». E così avvenne puntualmente. Di sicuro non diranno più che la genialata di una mossa sia stata suggerita dal figlio Davide che è tra l’altro il consigliere più ascoltato del team e non per parentela ma per bravura conclamata. Un paio di volte Davide gli ha soffiato qualcosa e lui, Carlo il calmo, ha fatto un cenno col capo, come per dire: no, questo no. Alla fine con lo splendore della 15esima che rimette il Real sul trono e Ancelotti in cima a una classifica speciale, possiamo soltanto prendere atto di una realtà calcistica indiscutibile: se hai l’occasione di matare il Madrid e la sbagli non puoi pensare di cavartela, riservata al primo tempo del Borussia. Non solo perché ci sono Carvajal e Vinicius ma perché c’è quel signore calmo e serafico in panchina che sa perfettamente di avere una spasimante che lo aspetta. E che si chiama Champions.