Dortmund-Real Madrid, una finale darwiniana

Leggi il commento sull'ultimo atto della Champions League che vedrà in campo la squadra di Ancelotti
Massimiliano Gallo
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Non sono solo i Mondiali a scandire le nostre vite. Sono anche le finali di Champions di Carlo Ancelotti. Da allenatore è giunto alla sesta. Tre con il Milan, altrettante con il Real Madrid. Dicono che sia fortunato. Il che non è certo un difetto. Ma chi lo dice, non ricorda l’unica finale che ha perso. Diciannove anni fa a Istanbul. Tre a zero al Liverpool nel primo tempo. Sembrava un allenamento, divenne un incubo. Quel che pochi raccontano, è che da quella sera Ancelotti ebbe in mente una sola cosa: la rivincita. Che ottenne due anni dopo ad Atene. La stessa finale. La notte di Pippo Inzaghi. Stasera a Wembley per il suo Real Madrid sarà più complesso adottare la tattica degli Orazi contro i Curiazi. Il Dortmund di Terzic è una squadra contemporanea, ma intelligente. L’uso dell’avversativo non è casuale. Il tecnico non gioca per la gloria, né tantomeno per gli avversari. Gioca per vincere le partite. Se c’è da chiudersi, si chiude. Con tanti saluti al possesso palla e ai tanti neolaureati in statistica che ultimamente hanno invaso il mondo del football. Terzic non si vergogna del contropiede, anzi. Ha due calciatori che in ripartenza possono fare male: Sancho e Adeyemi. E un centravanti di quelli che piacciono tanto a Carletto: Fullkrug, uno che sa perfettamente qual è il suo compito: buttarla dentro senza guardare troppo lo stile. 

Champions, Real Madrid in finale con il Dortmund 

Per una volta, quindi, Ancelotti non avrà il vantaggio di giocare contro una squadra che si assume l’onere dell’estetica. Del resto se vuoi alzare la Quindicesima - dopo essere stato l’uomo che ha alzato la Decima - può succedere che non te la regalino. Di certo non sottovaluterà l’avversario, come probabilmente fece tanti anni fa la Juventus di Marcello Lippi (e mal gliene incolse). In questi tre anni l’uomo di Reggiolo ha insegnato ai suoi campioni che non c’è un solo modo di giocare al football. E che senza intelligenza non si vince nemmeno a scopa, figuriamoci una finale di Champions. 
Sarà una finale darwiniana. Tra le due formazioni che meglio hanno saputo adattarsi per superare le difficoltà. Il Madrid ha avuto l’umiltà di difendersi contro il City di Guardiola: sapevano che era l’unico modo per uscire indenni. Ancora oggi i tedeschi sono l’incubo di Luis Enrique che con il suo Psg è andato a sbattere sul muro giallo e sui pali. Perché la fortuna devi conquistartela. Il dio del calcio è magnanimo solo con chi se lo merita. Con chi non ha la presunzione di aver inventato un modo di giocare a calcio. Ecco, sarà la finale tra due allenatori consapevoli che in campo c’è anche l’avversario. Ci sembra un buon punto di partenza. In ogni caso sarà una vittoria storica. O di Davide contro Golia (e dopo avergli venduto Bellingham). O di un signore cui hanno detto di tutto (superato, bollito) e che stasera potrebbe alzare la sua quinta Champions da allenatore.

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