Hanno fame. Fame di arrivare. Al netto della maggior classe, della migliore dotazione atletica, della più ampia varietà degli schemi, ciò che fa del Napoli una squadra imbattibile è l’umiltà. È l’umiltà di Kim che perde palla in un contrasto sulla sua tre quarti e va in pressing su due avversari diversi fin quando non la riprende. La sua implacabile determinazione è la metafora di un gruppo di outsider che fortissimamente vuole trasformarsi in un gruppo di top player. C’è un collante motivazionale tra gli azzurri che Spalletti sta portando sul tetto d’Italia e d’Europa: è la coscienza di quanto questa esperienza possa trasformare la propria carriera in un modo inaspettato e irreversibile. È una convinzione condivisa, che per molti suona come una rivincita. La gran parte degli indomabili azzurri viene da Paesi e campionati abituati a guardare al calcio dal basso in alto: Slovacchia, Albania, Sud Corea, Camerun, Nigeria, Georgia, Messico. Così il miracolo Napoli è la somma di tante scommesse individuali sulla possibilità di rovesciare il destino. È una sfida che non avrebbe potuto avere una leadership più azzeccata: Spalletti è il tecnico più creativo e visionario del campionato italiano, ma anche il più insoddisfatto, perché fin qui quello che, tra i big, ha vinto di meno. A sessantaquattro anni, la sua parabola sportiva fa di questa cavalcata trionfale la revanche dell’ultimo miglio.
Sognando Istanbul
Il successo ha sempre una cifra che non coincide con la somma algebrica degli ingredienti mixati per ottenerlo. C’è nell’egemonia del Napoli un’energia supplementare. Viene dalla fusione tra motivazioni personali molto forti che, facendosi specchio tra loro, si moltiplicano. Di questa alchimia fa parte anche la trentennale attesa del pubblico, ieri in diecimila sugli spalti di Torino. Con diciannove punti sulla Lazio seconda, con sessantaquattro gol fatti e sedici subiti, il Napoli avvista lo scudetto alla distanza ipotetica di cinque giornate: la matematica ad oggi gli impone quindici punti nelle restanti undici partite, ma è possibile che il ritmo non continuo delle inseguitrici riduca ancora questa soglia, avvicinando il traguardo. Con questa serenità la squadra di Spalletti può concentrarsi sull’obiettivo inedito che la storia le mette di fronte: raggiungere la finale di Champions, superando il Milan e la vincitrice tra Inter e Benfica. È un esito che appare ampiamente alla portata degli azzurri, a patto di subordinarvi la maggior parte del proprio impegno agonistico, tattico e mentale. Poi, la finale sarebbe un’incognita e, qualunque risultato sortisse, non potrebbe macchiare il miracolo. Ma l’approdo il 10 giugno all’Ataturk Olimpic Stadium di Istanbul è da oggi la meta di questa stupenda comitiva in viaggio verso l’ignoto.