BERLINO - «È una vigilia molto tranquilla, dovevamo arrivare fra le prime otto, siamo fra le prime due. E ora vogliamo arrivare primi». Massimiliano Allegri non mostra il benché minimo segno di nervosismo, parla di Barça-Juve come fosse una gara come tante altre, anche se così non è. Lo sa, ma il suo compito è quello di trasmettere serenità alla squadra. Anche a parole. Si fa forza sull’annata eccezionale dei bianconeri («Vincere per quattro anni di fila il campionato non è facile, abbiamo portato a casa la decima coppa Italia della nostra storia»), non lo spaventa l’infortunio di Chiellini («Se sta bene gioca Barzagli, altrimenti ho Ogbonna»), non è ossessionato da qui tre là davanti, che rendono i blaugrana una macchina imbattibile («Spero siano battibili, altrimenti facevamo un’altra gita. Anche per fermare Messi, Neymar e Suarez bisognerà essere molto bravi»).
«FARE UN GOL» - Un po’ per scaramanzia, un po’ perché Luis Enrique («Uno che aveva idee di calcio giuste anche quando era alla Roma») porta in dote la carica di 120 gol, Allegri ripete che «l’importante sarà segnare un gol perché difficilmente finirà 0-0». Un ricordo anche della tragedia dell’Heysel, finale allora, finale trent’anni dopo: «Il ricordo di quella tragedia, che resterà nelle pagine nere della storia del calcio, è un valore importante, l’unica cosa è che bisogna stringersi con affetto a tutti i familiari delle vittime e con affetto ricordarle».
UN ALTRO BARCELLONA - Non c’è similitudine fra il Barça che ha affrontato da tecnico del Milan e quello che troverà davanti all’Olympiastadion di Berlino: «Perché ora hanno un attaccante e un Rakitic in più». L’ultimo pensiero e per quella metà d’Italia che non tiferà Juventus, il tecnico bianconero si affida alla filosofia: «Credo che la maggior parte degli italiani siano in attesa che la squadra alzi questa Champions League. Per il bene anche del calcio italiano». Ultima battuta: si strapperebbe i capelli in caso di vittoria? «No…. ma solo perché ne ho pochi».