Tonali in Premier ha avuto l’effetto di uno tsunami. Mentre Inter, Milan, Juve e Roma stavano ancora contando i soldini rimasti nel salvadanaio - tutte monete da 2 euro - e offrivano giocatori a destra e a manca sperando di poter fare cassa per presentarsi finalmente al mercato, è arrivato l’arabulimico Newcastle a cambiare la vita del giocatore e i piani del Milan. La conclusione-lampo dell’operazione (avrei voluto scrivere chiusura, ma sai le battute...) ha impresso una spiazzante accelerazione ad alcune trattative rimaste in sospeso per mancanza di liquidità, consentendo naturalmente a Furlani e Moncada di passare in vantaggio su tutto e tutti. E così Frattesi, che sembrava destinato all’Inter e piace tanto alla Juve, si è ritrovato più vicino al Milan e anche Lukaku, chiamato dagli arabi e invocato da Marotta e Ausilio, si è visto accostato ai rossoneri. Il denaro non può comprare l’amore, ma migliora la posizione contrattuale. A proposito di amore, il caso Tonali ha scatenato la reazione dei tifosi milanisti che ci avevano creduto. Ma il calcio - antica regola - è come il matrimonio. Con le sue promesse, le sue emozioni e delusioni, la sua formula: «Vuoi tu, Sandro Tonali, unire la tua carriera alla mia, nel rispetto non solo del contratto?». E lui: «Sì, con la grazia di Elliott e Red Bird, lo voglio». Insieme: «Noi promettiamo di amarci fedelmente, nella gioia e nel dolore, e di sostenerci l’un l’altro tutti i giorni della nostra vita».
Salvo tottiane eccezioni (mi riferisco esclusivamente al vincolo con la Roma: no gossip, please) dopo due o tre anni interviene spesso il divorzio. Lui ha trovato un’altra. Lui che voleva «essere la bandiera del Milan» e sempre lui che nel 2021 «so cosa ho fatto per arrivare a questa maglia e non farei mai l’errore di andarmene». Nessuno scandalo, però: il calcio è fatto di promesse, molte delle quali difficili, se non impossibili, da mantenere perché con il passare del tempo e i risultati si presenta sempre qualcosa o qualcuno più attraente. Non me la sento di criticare Sandro anche se, dopo tante leccatine al cuore del tifoso, fa le valigie e esce di casa per mettersi insieme a un altro club: gli ha quadruplicato i milioni, mica lupini. Money’s to tight (to mention...). Talvolta è anche colpa di chi scrive: dai calciatori pretendiamo le solite frasi a effetto in grado di solleticare i fan, adesioni che sul momento sono perfino sincere, ma che alla lunga finiscono per risultare imbarazzanti.
Sempre a proposito di manifestazioni d’amore incondizionato e conseguenti tradimenti, torno su quello che potrebbe interessare Lukaku. Se dovesse effettivamente passare al Milan, non mi sorprenderei: era a Manchester e ha fatto di tutto per andare all’Inter; dopo un anno all’Inter ha brigato per trasferirsi al Chelsea, complici la madre, l’agente e tanti soldi in più; altre due stagioni a Londra ed eccolo di nuovo ansioso di rientrare all’Inter. Adesso lo cercano gli arabi, lui ogni giorno giura amore eterno a Marotta ma poi salta fuori il Milan e... Che gli piaccia Milano in senso lato? Sento che, a questo punto, dovrei invocare la sacralità dei contratti, le onorevoli strette di mano, le virtù dei padri, dei nonni, degli avi antichissimi frequentatori del primo principesco Gallia che davano e pretendevano fiducia. Ma per un tocco di moralismo - mi fingo autore di corsivi quotidiani - identifico nei ricchi, non più scemi, i promotori di dolorosi e clamorosi divorzi. Per loro, almeno per loro, il denaro fa la felicità.