Retroscena Thiago Motta, i quattro tecnici citati nella sua tesi a Coverciano

La prossima settimana il vertice con Giuntoli per limare la distanza   economica sul contratto: l’allenatore chiede 5 milioni
Giorgio Marota
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L'alchimia di Thiago è figlia dell’armonia di Ancelotti, sorella della fame di vittorie di Mourinho, cugina della pressione alta di Klopp ed è discendente diretta della tattica collettiva di Gasp. È una ricerca in divenire, una brillante storia di successo non ancora compiuta, un percorso tutto da scoprire e migliorare che parte da quattro modelli tecnici per tentare una sintesi personalissima, in stile Bologna. La sua pietra filosofale? Il pallone. Motta era uno di quei bambini che lo portava sotto le coperte e da grande gli ha dedicato una tesi per laurearsi allenatore Uefa Pro, elevandolo a “strumento del mestiere nel cuore del gioco”. In 28 pagine di concetti, spunti e riflessioni vengono descritti i miti dell’italo-brasiliano - Carlo, José, J ü rgen e Gian Piero - e quelle che lui considera le loro principali qualità. 

Thiago Motta, nel segno di Ancelotti 

Negli archivi di Coverciano, insomma, c’è la risposta al quesito che da settimane anima il popolo bianconero: che tipo di allenatore approderà alla Continassa? Per fare in modo che il patto informale si trasformi in un contratto vero c’è bisogno del vertice risolutore, previsto la prossima settimana forse a Lisbona, dove Motta si trova con la moglie Angela al termine di un lungo viaggio in moto. Il tecnico chiede un triennale da 5 milioni a stagione (a salire) per sé stesso più 1,5 per lo staff, la Juve ne offre 5 all’anno ma per l’intero pacchetto. Tutto è nelle mani di Giuntoli. Al quesito dei tifosi può rispondere invece una tesi che, riletta alla luce della rigogliosa stagione di Zirkzee e compagni, somiglia a un manifesto concettuale. Mai tradito. Motta è rimasto infatti coerente alle proposte di quattro geni della panchina - senza dimenticare il Leeds di Bielsa e la Germania del Mondiale 2014 di Löw - poi, com’è normale che sia, s’è ingegnato per trovare i correttivi sulla base del materiale tecnico a disposizione. Di Ancelotti, avuto ai tempi del Psg, Thiago esalta la gestione dei campioni e l’armonia degli spogliatoi che tende al cosiddetto “flow”, «inteso come condizione mentale in cui l’atleta si trova talmente immerso nella sua prestazione da sperimentare un vissuto di serenità e concentrazione». E se fosse stata proprio questa la chiave di volta del successo rossoblù? 

Verticalità con Gasperini 

Altri spunti glieli fornisce Mou, con il quale Motta ha vinto il Triplete nell’Inter: oltre a considerarlo uno specialista nella creazione di «un modello di intelligenza collettiva», dallo Special One ha assorbito «la necessità di controllare il gioco attraverso la verticalizzazione della manovra tra le linee», oltre al «focus costante sulla vittoria». Dai mesi passati con Gasperini al Genoa gli è rimasto la possibilità di «verticalizzare sfruttando l’intermediazione dei giocatori sulla trequarti». Quel sistema «permetteva anche a me, che ero un regista, di partecipare in modo proattivo alla manovra - racconta il tecnico nella tesi - potendomi presentare nell’area avversaria e moltiplicare le risorse per andare in gol». Ferguson, 6 reti, Fabbian (5) e Saelemaekers (4) sono esempi concreti di questo approccio. 

Difesa e attacco 

L’atteggiamento in fase difensiva, infine, nasce da Klopp: «pensare ad attaccare mentre si difende e pensare a difendersi mentre si attacca». Da qui il contro-pressing, marchio di fabbrica pure del suo Bologna: «il miglior momento per vincere il possesso avviene quando lo hai appena perso e il tuo avversario è ancora nella fase di orientamento delle linee di passaggio della palla, facendogli così spendere energie inutili». Concetto che per Thiago si traduce in una pressione alta con due giocatori posizionati in zona centrale. Da questi ragionamenti, arriva a enunciare i tre principi cardini della propria visione calcistica: 1) per un calcio dominante bisogna non avere paura del pallone; 2) per un calcio d’attacco bisogna volere il possesso della palla; 3) la fase difensiva deve essere volta al recupero più rapido possibile della sfera. Al primo approccio con il campo capiremo se la Juve, oggi più statica che dinamica e orfana di trequartisti, potrà seguirlo fino in fondo. Di sicuro lui proverà a imporsi: è quello che il dt Giuntoli, l’uomo che più di ogni altro lo vuole sulla panchina bianconera, gli chiederà di fare sin dal primo giorno di lavoro, promettendogli sostegno incondizionato. 


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