Sto per chiedere a Beppe Marotta di accompagnarmi una mattina alla tabaccheria dall’amico Serpilli, ex difensore centrale di buon livello, dice lui: voglio tentare il colpo (sicuro) al Gratta e Vinci. Se ci sta, se accoglie l’invito, son soldi e allegria senza se e senza ma. Magari ci scappa pure un cinque più uno al Superenalotto.
Riflettendo su ciò che gli sta capitando - e combina - sono giunto alla conclusione che, oltre a essere il più abile del momento, Marotta ha anche un discreto culo: ho reso l’idea? Uno che riesce a vendere Lukaku per 115 milioni portando allo sfinimento Marina Granovskaia, al punto da indurla a rompere qualsiasi rapporto con l’Inter («mai più affari con loro» sentenziò per via di qualche milioncino strappatole all’ultimo dal Nostro), e dieci mesi dopo si vede restituire per 8 Big Rom dal Chelsea, demarinizzato dalla nuova proprietà; uno che ha ancora la possibilità di consegnare Dybala a Inzaghi attraverso il solo stipendio poiché la Juve ha deciso di disfarsene dopo avergli promesso 9,2 netti a stagione; uno che sostituisce Vecino con Mkhitaryan, impegnando esclusivamente i soldi dell’ingaggio, poiché la Roma non era disposta a garantire un biennale all’armeno; beh, uno così parla con gli angeli e gli arcangeli.
Bravo e fortunato Marotta e sconcertanti gli altri. Giusto ieri l’agente (di pulizia etica) Giovanni Branchini spiegava che il principale problema del calcio non è chi i soldi li incassa bensì chi li spende male, malissimo. L’esempio del Chelsea è illuminante. Molto peggio del club inglese ha fatto però il Barcellona che negli ultimi anni, pur avendo Messi - al quale versava 54 milioni netti a stagione - e una lunga serie di fenomeni costosissimi, ha speso oltre 400 milioni di soli cartellini tra Dembelé (140), Coutinho (135) e Griezmann (120), tutti e tre in qualche modo ripudiati. Qualcuno si stupisce ancora del fatto che il club catalano si ritrovi con le pezze al cu… ore?
Un tempo i ricchi scemi eravamo noi. Oggi non lo siamo più semplicemente perché abbiamo smesso di essere ricchi. Dobbiamo anche smettere, però, di nasconderci dietro l’alibi della povertá. Arriva sempre un momento in cui gli aspiranti vincitori, scoprendosi maturi sconfitti - parlo in particolare della Champions - s’inventano un’inferiorità naturale. Anche se hanno a disposizione Vlahovic, Osimhen, Lautaro, Leao e altri giocatori di qualità. A quei tecnici irriducibili piagnoni bisognerebbe ricordare che Inter e Milan - ad esempio - hanno vinto tutto anche contro avversari più forti. O fargli semplicemente notare - se non conoscono la storia - che il Paris St. Germain non vince neanche con Mister Miliardo Mbappé, Messi e Neymar. L’intelligenza, l’abilità e la competenza non si comprano al mercato.