Delle due l’una: o è davvero bravo, il Migliore, o sono troppo scarsi gli altri. Sto parlando di Giuseppe Marotta, 65 anni, nove scudetti nelle ultime undici stagioni (quello di Sarri appartiene a Paratici, Nedved e Ronaldo, oltre che al tecnico, naturalmente), alcune coppe e supercoppe nazionali e un paio di finali di Champions. Mentre la concorrenza sta a guardar le stelle, macerata dai dubbi e dai numeri negativi, avete presente cosa combina lo smaliziato Beppe da Varese, maturato anche grazie alla Juventus? Forte di una proprietà debole (nonostante gli sforzi dell’entusiasta e educatissimo Steven Zhang) e in evidenti difficoltà finanziarie, con un bilancio che ulula alla luna e le casse vuote, Marotta ha comunque portato a casa Mkhitaryan strappandolo alla Roma e a Mourinho (avrà gradito?, dubito), il promettente vice Brozovic Asllani e soprattutto si è posto nella splendida condizione di poter rinforzare la squadra con Dybala a zero e addirittura Big Rom Lukaku in prestito oneroso (non meno di 8, 10 milioni).
E non è tutto. Con l’aiuto di Piero Ausilio, il ds, prova a recuperare qualche milioncino attraverso operazioni di secondo piano (Di Gregorio ceduto definitivamente al Monza, i piazzabili Pinamonti, Dalbert, Sensi, Lazaro, Satriano, Casadei e Pirola). Naturalmente sa di dover mettere in conto altre partenze, gli auspicabili (Vidal e possibilmente Sanchez e Dzeko), e almeno una cessione pesante. Eppure, dopo aver fissato i valori dei pezzi più pregiati (Skriniar, Bastoni e Dumfries) e nonostante la fame di denaro, non arretra di un metro: ottanta voglio e ottanta mi dovete dare per uno dei centrali, 60 per l’olandese. Se tutto andrà come Marotta vuole, ovviamente nel segno della sostenibilità - parola o formula abusata al punto da battere la “rucola” degli anni Ottanta, il “piuttosto che”, “l’assolutamente sì” e l’indimenticabile “e quant’altro” - l’Inter si presenterà con un gruppo più attrezzato e completo di quella che ha appena perso lo scudetto per un nonnulla.
Sempre lui, Beppe da Varese, ha acquisito negli anni una straordinaria sensibilità politica, oltre che mercantile: riesce a lavorare su più tavoli e a coprire posizioni anche opposte e contrastanti senza che gli altri se ne accorgano. Quando gli sentite dire “sì sì no no” sappiate che sta per fottervi con la delicatezza della piuma. D’oca, dove l’oca siete voi. Scomodo per lui un confronto - forse banale ma significativo, ossimoro permettendo - con l’illustre omonimo Giuseppe, l’autore de L’Oro di Napoli. L’Oro di Milano nasce nei modi e nei tempi suggeriti dallo scrittore: «La possibilità di rialzarsi dopo ogni caduta; una remota, ereditaria, intelligente, superiore pazienza».