Il nostro calcio viene meglio immaginato. Inutile raccontar balle: siamo in piena recessione e non per colpa del secondo fallimento mondiale consecutivo. Quello, al massimo, è un effetto. Mai come in questo periodo le società, in particolare le nobili, si vedono costrette a fare conti molto più seri, “severi” che in passato: da oltre un anno le discutibili e discusse plusvalenze non sono più la soluzione “condivisa” di tutti i mali e le ambizioni, bensì un incubo concreto, poiché oggetto di un’inchiesta a più procure che potrebbe mietere vittime illustri. Il figlio illegittimo del Fair Play Finanziario che l’Uefa ha appena partorito, impone peraltro il rigore nelle spese e chi si ritrova con i fatturati massacrati dalla pandemia è condannato a tagliare progressivamente il monte stipendi, la voce più sensibile, e a rivolgersi agli outlet dei pallone.
In situazioni come l’attuale la prima cosa alla quale i club rinunciano è naturalmente il bene di lusso, la fantasia. E così il Napoli presenta un’offerta ritenuta insufficiente a Lorenzo Insigne, il capitano, che in assenza di altre proposte decide di emigrare in Canada facendosi coprire d’oro. Fuori uno.
Anche la Juve cambia radicalmente programmi (Vlahovic, Zakaria) e prospettive e a marzo mette Dybala, altro capitano, nella condizione di cercarsi una squadra. Paulo insegue un progetto che lo ponga al centro: ma non è semplice per un fantasista ventottenne trovare il posto fisso in una big europea, visto che quasi tutte non contemplano il 10 di ruolo e vocazione. Sembra di essere tornati alla fine del secolo scorso quando Baggio, Del Piero, Recoba e Zola furono costretti a decentrarsi. E' pur vero che negli ultimi anni anche i compiti dell’esterno d’attacco sono cambiati: da lui si pretende un notevole lavoro in fase difensiva, ovvero pressing, inseguimenti, arretramenti.
A oggi per Dybala si sono mossi Arsenal e Newcastle che non sono andati oltre la manifestazione d’interesse. Paulo è ancora freddo, nonostante preferisca uscire dall’Italia: nel caso in cui non trovasse all’estero quello che cerca, la sua preferenza cadrebbe sul Milan, la cui politica non prevede accordi economici particolarmente lunghi e onerosi. Apprezzabile - in tal senso - la disponibilità di Marotta, l’amatore che portò Paulo alla Juve da Palermo: non potendosi caricare di ingaggi impegnativi, ha fatto sapere al giocatore che per un anno, a numeri praticabili, lo prenderebbe volentieri per consentirgli il rilancio in grande stile.
Anche Nico Zaniolo non sta vivendo bene la primavera: il suo contratto scade nel 2024, la priorità resta la Roma, che sta ancora riflettendo sul tema dei rinnovi: nelle ultime settimane Mourinho ha provato a far capire al ragazzo che l’eventuale conferma dipenderebbe da un sostanziale cambio di atteggiamento. Da verificare se i margini per ottenerlo ci siano o meno. Un pensierino a Zaniolo l’ha fatto il Napoli, che si è dovuto arrendere alla sistematica riduzione del monte ingaggi richiesta da De Laurentiis: dai 135 milioni del secondo anno di Ancelotti è sceso a 128, poi a 108 (quest’anno) e per la prossima stagione l’obiettivo è 75-80.
Tanto per il Milan quanto per il Napoli e l’Inter va comunque considerata la variabile scudetto.
Della categoria dei fuoriclasse in uscita fa parte anche Milinkovic-Savic, più facilmente piazzabile per via delle caratteristiche fisiche e tattiche, il cui futuro è però legato alla valutazione economica che darà Lotito.
Il panorama casalingo è già desolante, la rinuncia ai campioni impoverisce vieppiù uno spettacolo ampiamente ridimensionato, ma nessuno pensa al peggio, alle figuracce che già facciamo in Europa (ci ha salvato la faccia Mancini, per fortuna) e all’aiuto che addirittura possiamo dare agli inglesi - e dintorni - passandogli i migliori fiori del nostro appassito giardino. D’altra parte, presto non parleremo più di calcio italiano: i calciatori esotici continuano a imperversare (oggi sono già il 64%) così come i padroni di club stranieri. Potremo continuare a parlar male. Degli altri.