Nicolò Barella, specialità: sardo in alto. Cagliaritano doc, quartiere Pirri, papà rappresentante di elettrodomestici, mamma ex commessa, una sorella più giovane ballerina di danza classica. Carriera puntellata da calciatori icona dell’isola: primi passi nella scuola calcio fondata da Gigi Riva (di Leggiuno, ma sardo acquisito nei secoli dei secoli), a 9 anni è già nel settore giovanile del Cagliari, il suo scopritore è Matteoli (sardo di Nuoro), gli allenatori del destino sono Pusceddu (sardo di Buggerru) nella Primavera rossoblu, Zola (sardo di Oliena) che lo fa debuttare in Coppa Italia, Festa (sardo di Monserrato) che gli regala la prima serie A.
MATURITA’. A Febbraio (il 7) compirà 22 anni, ha già maturato più di 80 presenze in A. Personalità a pacchi: è stato il più giovane capitano nella storia del Cagliari (a 20 anni, 10 mesi e 9 giorni). Sposato, da luglio, con Federica Schievenin (se l’è tatuata sul braccio), sette anni più di lui: ex fotomodella, una passione per il motocross. Hanno una bimba, Rebecca. Idolo assoluto: LeBron James (così ha chiamato pure il suo cane). Idolo calcistico casalingo: Daniele Conti. Modello: Stankovic, da cui ha preso la naturale predisposizione alla «stoccata» da lontano. Barella è un tuttocampista, riassume qualità e quantità come pochi altri talenti europei della sua generazione. Buona tecnica, facilità di corsa, agonismo da guerriero, preciso nel gioco corto, da affinare il gioco lungo. Piede (molto) debole: il sinistro. Pezzo forte: la riconquista del pallone. Usa il «tackle scivolato» come nessun altro in serie A. Si vede che gode quando gli riesce.
QUEI GIALLI. Occhio: può diventare un rischio: 6 gialli quest’anno, 15 l’anno scorso, 11 due anni fa. Tre espulsioni da quando è in A: tutte per doppia ammonizione. Per dire: è riuscito a farsi ammonire anche il giorno del debutto in A, con il Cagliari avanti 4-0 sul Parma. Un vizio, un limite da correggere. Per la resistenza può ricordare il giovane Tardelli, per la bravura nell’interrompere le linee di passaggio avversarie il De Sisti che Valcareggi - tra la fine dei ’60 e l’alba dei ’70 - riteneva imprescindibile, preferendolo ora a Mazzola e ora a Rivera. In serie A somiglia ad Allan per come «riempie» la partita. E’ uno, sembrano due, i Barella. Ha fatto il trequartista, è stato mediano. In realtà il suo ruolo è quello di mezzala pura, quella che una volta teneva il numero 8 sulla maglia. L’8 si compone da due cerchi, due palle - ebbene sì - che simbolicamente evocano temperamento, tigna, cazzimma: Nicolò Barella, appunto.