NAPOLI - E poi tornò Vargas: riemergendo dal nulla in cui era ripiombato, riprendendosi la scena abbandonata, lanciandosi verso (il) Napoli, il sogno italiano da afferrare e da provare a tenere per sé. Uno, due, tre e quattro: capocannoniere, e chi l’avrebbe detto?, segnando con l’aiuto della sorte e con quel destro alla nitroglicerina, diventando il titolare del Cile che vince e sbalordisce, «offrendosi» per una volta, un’altra ancora, al «suo Napoli.
ALTRIMENTI - Venghino, signori, venghino: perché ora è più piacevole accomodarsi per parlarne, per discutere - alla pari - di Eduardo Vargas, del suo talento «incompreso» o «inespresso» (fate un po’ voi), delle sue qualità tecniche e balistiche, del suo valore di mercato. Venghino, signori, venghino: e sussurrano che verranno (verrebbero) per chiacchierare un po’ del capocannoniere della Coppa America, lui e Guerrero, di quell’«indio» spuntato nelle notti di Santiago e capace d’andare oltre Messi e Higuain, di oscurare Tevez e persino Alexis Sanchez, di segnare quattro gol e di riscrivere a modo suo la propria Storia.
L’AFFARE - Un giorno, prima o poi, verrà a noia, ma questa è la cronaca separata da ogni opinione e persino da interpretazioni, è la sintesi d’un affare da undici milioni (e passa) di euro che nel gennaio del 2012 portano a Napoli il pallone d’argento del Sud America: ladies and gentlemen, ecco a voi Eduardo Vargas, turboman per la coreografia, mister X per questo spicchio di Terzo Millennio in cui gli interrogativi si accavallano e le domande si intrecciano. Vargas diviene un salto nel buio, un investimento massiccio che lascia il segno in bilancio (e nei rapporti con Bigon): undici milioni - e oltre - per accaparrarsi un giovanotto gracile come un grissino che viene trasformato in pacco postale, un prestito di là (al Gremio) e due di qua (al Valencia ed al Qpr), un buco enorme che non produce reddito ma solo rimpianti. Però adesso c’è Sarri e la magìa è in un'idea che affascina Vargas, per il quale l’Italia è Napoli.
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