Ganz: Il calcio delle donne è fantastico

Maurizio, ex calciatore, allenatore del Milan: "Il femminile mi è entrato dentro. Voglio vincere un trofeo in rossonero e aiutare il movimento. Le mie ragazze sono guerriere, mai stanche. Il calcio è universale e chi dice che è diverso non conosce e dovrebbe assistere agli allenamenti. Ho due figli meravigliosi, Simone ha pagato il fatto di chiamarsi Ganz. Non sono un traditore, a me interessava giocare. Dalla vita ho avuto tanto, ma voglio ancora tutto"
di Valeria Ancione
10 min

El segna(va) semper lu, el ri-segna(va) semper lu. Basta una sillaba per cambiare colore al cuore. Maurizio Ganz era un attaccante, non era alto, non era grosso, aveva la gentilezza del tocco. Cinque gol sono pochi? Chiedetelo al Milan dello scudetto 1999. Ognuno di quei gol è valso il tricolore, ognuno di quei gol vale doppio, forse di più. E' lì, al Milan, che risegnava sempre lui, e veniva dall'Inter dove segnava sempre lui. "Lo striscione dei tifosi era bello sia con “segna” sia con “risegna” semper lu. Traditore non mi sono mai sentito. L'Inter non mi ha voluto tenere e al Milan non si può dire di no. Dal Brescia all'Atalanta? Mi ha cercato Lippi... Mi posso guardare in faccia la mattina. Ho cambiato 13-14 squadre, lavorando sempre con dedizione. Mi interessava giocare e ho rifiutato la poltrona calda, sicura".

IL MONDO MERAVIGLIOSO DELLE DONNE. Ganz, con destino Milan, vent'anni dopo ha accettato la panchina, di tecnico si capisce e della squadra femminile. "Per me è stata una sfida. Il Milan mi ha dato tanto,dire di sì era anche una restituzione. Le donne hanno fatto tanta strada, e migliorano sempre di più perché sanno di non poter sbagliare. Io spero di regalare un trofeo al Milan, ma allo stesso tempo di far crescere il movimento. Sono a disposizione di un calcio che mi è entrato dentro".
Il calcio femminile se lo conosci ti salva, altroché, e uccide tutte le sciocche credenze. Ti salva dalla disumanizzazione del calcio maschio, dei pettorali esplosivi in ??maglie attillatissime, dei corpi glabri e pitturati, del Var che congela e inibisce o instupidisce gli arbitri, dei maledetti fuorigioco filo filo, pelo pelo. Ecco loro le madonne calciatrici, un'apparizione rivoluzionaria di cui si fa fatica ad accettarne pienamente l'esistenza. "Nel femminile c'è entusiasmo. La diversità non è tecnica, semmai è nel rapporto che si crea con le giocatrici. Devi imparare in fretta con chi hai a che fare. Devi essere diretto, non puoi mentire. Ho scoperto un mondo incredibile. Negli allenamenti le donne danno il 100%, amo il lavoro sul campo e loro mi vengono dietro, non lesinano fatica, vanno oltre la stanchezza. Le primedonne ci sono, ma se lavorano per il gruppo non è un problema".
Maurizio, come da giocatore, anche da allenatore ha fatto la gavetta con rispetto, come necessità assoluta. "Ad allenare ho iniziato perché me lo ha chiesto mio figlio, nel 2007. Stare nelle giovanili è stata una scelta, non avevo fretta. Volevo pulirmi, non essere più giocatore. Mi ha fatto bene. La gavetta è molto importante. Lo dico anche alle mie guerriere".
Le sue guerriere sono rossonere. "Alleno le donne come allenavo gli uomini. Tecnica, tattica non cambia niente. A quelli che parlano di due sport diversi dico che non conoscono. Dovrebbero assistere a una settimana di lavoro. C'è meno forza? E' un calcio più lento? Beh è fantastico, dico io. Il calcio è calcio, uno, universale».

NOMADE DEL CALCIO. Friulano, sciatore mancato, padre di due figli e compagno da 36 anni di Monica, famiglia solida, un punto di riferimento, l'unica coperta calda che Maurizio si concede. "Ho sciato fino ai 13 anni, per fortuna ho lasciato ero scarso. Facevo combinata nordica. Trampolino, con la follia di quell'età, e sci di fondo. Due specialità che mi sono servite poi nel calcio, allenamento mentale e atletico. Sono un orgoglioso friulano, anche se a 13 anni sono andato via, per giocare nella Sampdoria".
Lasciare casa che ancora sei un bambino non è mica facile, scombina gli equilibri. "E' stato traumatico. Passavo da un paesino di 500 anime a una città come Genova, ma era un'opportunità. E poi avevo deciso da tempo: in un tema di quinta elementare dal titolo “cosa vuoi fare da grande”, scrissi “farò il calciatore negli stadi più belli, con i calciatori più forti”. Presi una nota dalla maestra, ha pensato che la prendessi in giro, ma era quello che volevo fare. Peccato che non mi ricordi il nome... Nella vita sono decisivi passione, cuore, testa, lo dico anche ai miei figli".
E loro seguono. "Sono orgoglioso di loro, sono figli eccezionali. Lisa è una ballerina fantastica. Simone fa il calciatore. Da dieci anni è professionista. E ha debuttato in Champions col Milan. Ha 27 anni, gli auguro di poter tornare in serie B e alla fine anche in A. E' un Ganz e ha avuto difficoltà, il cognome pesa. Certo tuo papà...".
E certo tuo papà... che se non vuol dire ti raccomanda, vuol dire era più forte. Ma il risultato è la felicità e Simone va avanti per la sua strada anche se non è quella segnata dal padre. "Se è così il merito è anche di mia moglie, Monica. Lei è una grande donna, non è facile vivere con un calciatore. Il mio primo pensiero è sempre stato il calcio. Monica ha seguito la famiglia e si è anche lanciata nella moda, ed è molto brava".

MAESTRI E IDOLI. Lippi, Capello, quanti altri maestri? "Ho avuti 34 maestri. Lucescu il primo, nell'anno del Brescia, allenava alla vecchia maniera, la tattica. Lui il calcio lo faceva vedere. Sapeva gestire bene il gruppo: tutti attaccano, tutti difendono. Le mie ragazze infatti vanno tutte in gol. Divertirsi in campo è alla base della riuscita".
Da calciatore l'idolo era un certo Pablito: "Mi ispiravo a Paolo Rossi, un attaccante d'area, da gol decisivo. Però ho giocato con Ronaldo, un momento pazzesco della mia vita. Mi liberava gli spazi, si portava in giro 3-4 giocatori. I ricordi più belli da calciatore sono il debutto a 17 anni in serie A con la Sampdoria contro l'Atalanta: autorete di Prandelli, Mancini che entra al posto di Vialli. E poi vincere da protagonista lo scudetto del Milan: 5 gol decisivi. C'erano in attacco Weah, Leonardo, Boban e io unico italiano".

OBIETTIVI ANCORA APERTI. Al Milan Ganz arriva per subentrare a Carolina Morace, e la sfida si alza di livello. "Morace ha fatto tanto per il calcio femminile, ma non mi ha imbarazzato prendere il suo posto. Sapevo di dover cominciare da zero. Per capire le donne mi sono allenato con le mie di casa, psicologicamente ero preparato. Quest'anno eravamo partiti per ripetere l'ottima stagione dell'anno scorso: ora puntiamo a piazzarci in Champions e siamo in semifinale di Coppa Italia. Mi brucia la Supercoppa, soprattutto per come l'abbiamo persa (nel recupero ndr), il supplementare sarebbe il stato giusto epilogo, ma è stata una grande partita. Abbiamo ribaltato tante gare, dobbiamo crederci fino in fondo, con attenzione fino al fischio finale, è quello che fa la Juventus".
Già la Juve, ci sarà un modo per cambiare l'ordine delle cose che rischia di far scendere l'interesse per un campionato a firma esclusiva bianconera? "La Juve sta facendo il suo percorso. Noi, Inter, Sassuolo, Roma e Fiorentina dobbiamo organizzarci per essere sempre più competitivi. Dobbiamo crescere tutti, ma lo stiamo facendo, solo così ridimensioniamo la superiorità della Juventus. La Champions fa la differenza, l'impegno economico fa la differenza: se hai queste differenze le migliori straniere scelgono te".
Ma le straniere fanno davvero crescere le italiane o piuttosto tolgono spazio? "Io ho undici italiane brave. Le straniere sono importanti perché hanno mentalità da professioniste. Nel maschile per esempio ce ne sono tanti, ma sono pochi quelli che fanno la differenza".
A proposito di italiane, applausi al Milan che ha riportato dalla Spagna in Italia FrecciaGuagni, ci è mancata... "Alia è fantastica anche come persona, ed è stata brava ad accettare la nostra proposta. L'anno scorso è stata sfortunata, ma ora sta bene".
Per una Guagni che viene, c'è una Valentina Giacinti che va. Cos'è successo? "E' stato difficile. Ma bisogna sapere che a ogni azione corrisponde una conseguenza".
Criptico Ganz, ma è inutile insistere, tanto i fatti non cambiano: Valentina ora gioca alla Fiorentina. Che dire, beata Panico... Ma anche beata ct Bertolini che può contare sui suoi gol, come è successo alla recente Algarve Cup, in un'Italia sempre più protagonista a livello internazionale. Questo è l'anno dell'Europeo e poi però seguirà per forza la rifondazione. "La Nazionale sta facendo un grande lavoro. Ha un parco giocatrici importante, di qualità. Faremo un grande Europeo, ce lo meritiamo tutti. Stanno emergendo tante giovani che devono giocare più possibil".

ACCONTENTARSI MAI. Maurizio non ha mai avuto una squadra del cuore, forse perché è un nomade del calcio. "Non una, ma sono legato a tutti i club in cui ho giocato. A me interessa solo il bel calcio".
Il futuro di Ganz parla di una scadenza di contratto a fine stagione, e l'aspirazione è un sussurro. «Spero di restare».
Se oggi dovesse svolgere il tema "cosa vuoi ancora dalla vita?" per quella maestra di cui non ricorda il nome, il bambino che è sempre in Maurizio Ganz scriverebbe: "Voglio tutto. Ho avuto tanto, ma continuo a volere. E voglio col gruppo, perché è tutto e senza siamo niente, insieme si vince", e chissà forse quella maestra stavolta nella nota scriverebbe: Bravo Ganz, non ti accontentare mai.
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