Rivoluzione in Lega: Lotito isolato

Ora è fuori da tutto, in Lega  e in Figc: le proprietà straniere  hanno deciso di voltare pagina. Ha perso le ultime quattro battaglie, è la fine di un’era?
Rivoluzione in Lega: Lotito isolato© ANSA
Giorgio Marota
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Claudio Lotito ha unito la Serie A. Affermarlo nel giorno in cui le recenti sconfitte sui terreni scivolosi della politica sportiva si uniscono come tessere di un mosaico, offrendo un quadro molto più chiaro, sembra quasi una provocazione. Eppure, proprio per isolare quello che per anni è stato considerato da alleati e rivali una sorta di “dominus” del calcio italiano, società storicamente rivali sono dovute scendere a patti. «È stata un’aggregazione spontanea», sibila qualcuno. Lotito, per anni, ha cucito e strappato, tessuto e sfilato, sfidato e dialogato. In poche parole, ha ispirato la politica in Lega. In un batter d’occhio si è però trovato fuori dai giochi per la scelta sia del presidente sia dell’ad, fuori dal consiglio federale e anche da quello della A, visto che ieri sono stati eletti Fenucci (Bologna), Giulini (Cagliari), Percassi (Atalanta) e Scaroni (Milan). Per i prossimi 4 anni - se la nuova maggioranza terrà e se non ci saranno altri scossoni in Figc - il patron della Lazio non solo non avrà ruoli, ma si ritroverà in minoranza in ogni sede. Sempre che non decida di costruire altre alleanze. Il fuoco che lo ha sempre animato, però, non è detto che possa ancora ardere con la stessa forza. Ieri a Milano sono in molti ad averlo visto stanco, quasi arrendevole. «Per la prima volta in assemblea non ha detto una parola», ha notato più di qualche presidente, gongolando per averlo battuto.

Cambiamento

Lotito ha avuto il merito di diventare un riferimento in un deserto di leader, facendosi apprezzare per la passione con la quale ha combattuto tante battaglie. Ha studiato e si è interessato a temi che altri, colpevolmente, hanno trascurato. I 14 voti pro Simonelli, i 17 per De Siervo (contrari Lazio, Napoli e forse Verona), il suo nome fuori dall’elenco dei candidati al consiglio Figc (dovrebbero spuntarla Marotta, Calvo e Campoccia) e la decisione del tribunale di Milano che ha respinto l’incandidabilità di Simonelli (pare che l’ex presidente Casini ieri fosse in città, pronto a farsi vivo in caso di ribaltone) hanno fatto però cambiare il vento. Sono le proprietà straniere ad aver voltato pagina. Contestavano a Lotito di concentrarsi su alcune beghe personali come quella con Gravina, che ora non ha più avversari e viaggia verso un plebiscito alle elezioni Figc del 3 febbraio, più che sulle questioni economiche, decisamente più urgenti per i capitani d’industria. I vari Oaktree (Inter), Pagliuca (Atalanta), Commisso (Fiorentina), Saputo (Bologna), Friedkin (Roma), Krause (Parma), Hartono (Como) e Niederauer (Venezia) hanno fatto “cartello” trovando subito le porte aperte della Juve, tornata a recitare un ruolo di prim’ordine, e del Monza di Galliani, e trascinando altri come Sticchi Damiani, Giulini e Pozzo. Si sono presi la Lega e hanno dato a Lotito una spallata. Inter, Juve e Roma sono le big che hanno accelerato la rivoluzione da quando, lo scorso 9 febbraio, andarono insieme al Milan da Gravina per chiedergli di sostenere il format a 18, osteggiato dalle medio-piccole che allora si accodavano a Lotito e De Laurentiis. Con il passare dei mesi si sono sfilate tutte. Occhio però a dar per sconfitto il presidente della Lazio. Resta senatore e componente influente delle commissioni bilancio e finanze. Da lì passano i soldi dello Stato e, di conseguenza, la stabilità di un calcio malato.


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