ROMA - Flussi anomali di puntate su partite arbitrate dallo stesso soggetto e poi l’incontro con un collega, al quale avrebbe offerto denaro, circa tremila euro, «in cambio di informazioni utili a consentirgli di effettuare scommesse dall’esito sicuro su ammonizioni e/o rigori e su quale squadra avrebbe segnato per prima». Con queste accuse, l’arbitro Luigi Catanoso della sezione di Reggio Calabria è stato condannato ieri a due anni di sospensione dal tribunale federale.
La sentenza che sconvolge il calcio professionistico
È una sentenza che sconvolge il calcio professionistico e che forse scoperchia, di nuovo, il vaso di Pandora del betting illecito tra i tesserati, a poco più di un anno dal caso che coinvolse anche calciatori di Serie A e della Nazionale. Stavolta è un direttore di gara della CAN C a essere finito nell’occhio del ciclone. Catanoso era già stato attenzionato nel 2020 in seguito a un match sospeso per un suo infortunio sospetto, oltre che per il solito eccesso di scommesse (segnalate ai Monopoli di Stato e comunicate in Figc) sui match che lo riguardavano. La procura di Roma non riuscì però a trovare prove sufficienti e archiviò l’indagine. In questa circostanza, l’innesco all’attività investigativa è nato invece da un incontro fisico, avvenuto a Firenze il 17 agosto, tra Catanoso e l’arbitro Milone, calabrese anche lui di Taurianova, designato per Empoli-Lazio di Primavera1. Secondo la procura Figc, Catanoso, forse immaginando di trovare una sponda, avrebbe tentato di corrompere il collega, che a quel punto ha avvisato il suo designatore, Ciampi, oltre che riferito i fatti all’ufficio del procuratore Chiné. Milone non ha mai arbitrato quella gara, venendo sostituito per ovvie ragioni, la sua testimonianza però si è rivelata decisiva. In attesa delle motivazioni della sentenza, è probabile che siano state accettate le tesi della procura: dunque, violazione del divieto di scommesse oltre che dei principi di lealtà, correttezza e probità, del regolamento dell’Aia e del codice etico.