La guerra dei ricavi sulla pelle degli atleti

Leggi il commento sull'affollamento dei calendari
La guerra dei ricavi sulla pelle degli atleti© EPA
Alessandro F. Giudice
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La contrapposizione tra Fifa e Fifpro (il sindacato internazionale dei calciatori) si arricchisce di un nuovo capitolo dopo l’esito clamoroso del giudizio Diarra alla Corte di Giustizia Ue. Stavolta, si affiancano ai calciatori anche il cartello delle Leghe europee e la Liga spagnola (quest’ultima a titolo individuale). Un fronte inedito che punta probabilmente al bersaglio grosso: sabotare il già discutibile Mondiale per club, la cui posizione pare sempre più precaria. Probabile quindi che dietro le dichiarazioni di principio (anche giuste) vi siano interessi variegati.

Il reclamo parte dal presupposto (sacrosanto, in astratto) che a pallone si gioca troppo. Anche per la salute degli atleti, soggetti a infortuni la cui frequenza pare in aumento sebbene il nesso causale dietro la correlazione tra questi e il numero di gare non sia provato. Il bersaglio dell’iniziativa è sorprendente, perché dell’affollamento dei calendari la Fifa ha oggi minori responsabilità rispetto, ad esempio, alla Uefa e alle stesse leghe nazionali. Alcune delle quali si oppongono fieramente a ipotesi di riduzione del numero di squadre.

La Fifa reclama un posto alla tavola imbandita dei ricavi del calcio internazionale perché il Mondiale per nazioni si gioca ogni quattro anni, mentre la Champions è un’autentica miniera d’oro che sforna quattro miliardi ogni anno. Il reclamo accusa una presunta posizione dominante della Fifa che oggi gestisce molte meno partite di chiunque altro.

I calciatori sono un po’ in conflitto coi loro stessi interessi: più partite significano più ricavi e della pioggia di miliardi prodotta dal football internazionale, due terzi (il peso del monte ingaggi sui ricavi dei club europei) finiscono mediamente nelle loro tasche. La crescita dei ricavi, spinta dalla globalizzazione e dalla lievitazione dei diritti tv, non ha mai modificato questo rapporto e dunque proprio i calciatori e i loro agenti sono i maggiori beneficiari. Che protestino per i loro diritti non è sbagliato, ma dovrebbero ricordarsene anche quando pretendono aumenti spesso eccessivi.


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