Diarra, la patata bollente che può rivoluzionare il calcio

Leggi il commento al momento che vive il calcio internazionale dopo la sentenza sul caso Diarra
Diarra, la patata bollente che può rivoluzionare il calcio
Alessandro F. Giudice
5 min

La pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sul caso-Diarra è destinata a fare giurisprudenza, avrà effetti sul mercato internazionale dei calciatori, ma la sua portata non ci pare analoga a quella della storica sentenza Bosman, del 1995. In quel caso, gli effetti dirompenti furono essenzialmente due: la fine delle restrizioni sul numero di stranieri per squadra e il divieto ai club di esigere un indennizzo economico sui trasferimenti presso altre squadre dei calciatori in scadenza di contratto. Anche allora il principio in discussione era lo stesso affermato ieri dalla Corte, cioè il diritto inviolabile dei cittadini comunitari di trasferirsi liberamente nel territorio UE, di lavorare ovunque e di intraprendere un’iniziativa economica in qualsiasi Paese. Il secondo punto della sentenza Bosman (quello che istituiva, di fatto, il free-agent: lo svincolo a zero dei giocatori a fine contratto) interveniva sui contratti scaduti, mentre la pronuncia Diarra interviene su quelli in corso di validità.

Perché – dice in sostanza la Corte – qualsiasi lavoratore desideroso di cambiare posto può farlo, presentando una semplice lettera di dimissioni e rispettando i termini di preavviso, mentre nel caso di un calciatore il suo trasferimento è soggetto al nullaosta vincolante della federazione di provenienza del suo club attuale? In base alle regole Fifa in vigore, un club che assume un calciatore sotto contratto con altra società subisce sanzioni sportive. Aggiungiamo che oggi è perfino formalmente vietato avvicinare, con proposte contrattuali, un giocatore in forza ad altro club. L’odierno sistema viene apparentemente demolito, perché dichiarato contrario al diritto europeo. Un caso analogo a quello portato alla Corte UE dal tribunale belga investito del caso-Diarra è quello che ha coinvolto Leao nel suo trasferimento dallo Sporting Lisbona al Lille, risoltosi con un cospicuo indennizzo riconosciuto al club portoghese da vari gradi di giustizia sportiva. La pronuncia di ieri non avrà però la conseguenza di liberare gli atleti dal vincolo contrattuale a loro piacimento, perché l’applicazione estensiva di questo diritto trasformerebbe il calciomercato in un far west, minando la regolarità dei campionati.

Azzererebbe il valore dei cartellini iscritti agli attivi patrimoniali della società, arrecando un danno irreparabile al sistema dei club. Infine penalizzerebbe i club minori privandoli di un ricavo essenziale (il player trading) e avvantaggiando i top che possono già contare su altri bacini di risorse (match-day, diritti tv, contratti commerciali) e che in più potrebbero accaparrarsi i calciatori migliori facilmente, offrendo loro stipendi più alti. Questo non è solo un principio etico, o di sana competizione, ma un’esigenza richiamata in modo esplicito dalla stessa sentenza-Diarra: un minimo grado di restrizione alla libera circolazione dei calciatori professionisti resta infatti accettabile – si dice – alla luce delle superiori ragioni di interesse pubblico che risiedono nel tutelare la regolarità delle competizioni calcistiche e nel preservare un certo livello di stabilità delle rose in forza ai club professionistici.

La sentenza non contiene, quindi, l’ordine alla Fifa di smantellare l’intero sistema di restrizioni ai trasferimenti internazionali, ma le consegna una patata bollente: dovrà regolamentare meglio il sistema, così da escludere norme troppo vessatorie. Una modifica al regime attuale potrebbe prevedere, ad esempio, la corresponsione di un indennizzo al club di partenza, oppure l’ampliamento del concetto di giusta causa nella risoluzione volontaria del contratto o ancora il rispetto di un termine contrattuale minimo. Una constatazione resta: ad avvantaggiarsi di un allargamento delle maglie delle regole Fifa saranno certamente calciatori e procuratori, mentre le società potrebbero subire una perdita nel valore della proprietà intellettuale iscritta nei bilanci. La sentenza Diarra non sarà probabilmente un evento epocale ma, nell’ecosistema economico del calcio internazionale, produrrà il trasferimento di un altro pezzetto di forza contrattuale dalle società ai calciatori e (naturalmente) ai procuratori.


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