Eriksson, la bellezza della trasparenza

Leggi il commento del direttore del Corriere dello Sport-Stadio sulla scomparsa dell'allenatore svedese
Ivan Zazzaroni
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Diranno - e scriveranno - che Sven era un brav’uomo. E un signore, un gran signore. Negli atteggiamenti, nei comportamenti, nell’anima. E diranno che aveva un modo tutto suo di stare con la gente e tra la gente, di allenare e tenere il gruppo. Diranno che con lui era difficile discutere, o addirittura litigare. Numerosi, in carriera, gli scontri avuti con i giocatori. Anche a brutto muso, mai il suo. Sven diventava tutto rosso, di quel rossore che segnala un’emozione, e ascoltava, assorbiva e concludeva lo scazzo unilaterale con frasi del tipo «vedrai che prima o poi arriverà il tuo momento».

Disarmava chiunque, anche i più maleducati e ostinati. Diranno che aveva certamente i suoi preferiti, ma riusciva a ottenere il rispetto anche dai meno considerati. E diranno che lui dalla panchina osservava, lasciava molta libertà d’espressione all’atleta il quale avvertiva comunque di essere sotto il controllo di Sven. Diranno che aveva un tono di voce inconfondibile, che non possedeva l’ironia del connazionale Liedholm, ma - proprio come il grande Liddas - marcava continuamente la differenza tra sé e i colleghi. Perché era campione di buonsenso, educazione e misura. Diranno che a un certo punto della vita sono cambiate le priorità, gli interessi, hanno prevalso le passioni, e qualche errore l’ha commesso anche lui. Che ha conosciuto le turbolenze dell’amore. Diranno che il modo con cui ha affrontato il cancro e la morte è stato molto simile a quello di uno dei giocatori più amati, Luca Vialli. La stessa delicatezza, la stessa forza, e quella frase finale: «That is. It’s sad but it’s beautiful». È triste, ma è bello. Diranno tutte queste cose e avranno detto soltanto la verità. Perché Sven Goran Eriksson aveva il dono di una trasparenza che illumina e non acceca. E poi ha avuto persino la sensibilità di venire a dirci addio. Di persona.


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