Ancelotti si racconta: "Rifiutai Baggio al Parma, fu un errore"

L'allenatore del Real Madrid si è raccontato in un'intervista al Times ripercorrendo le tappe della sua carriera e spiegando il suo stile
Ancelotti si racconta: "Rifiutai Baggio al Parma, fu un errore"© PRESSINPHOTO

Carlo Ancelotti è stato intervistato dal Times nella settimana che culminerà (sabato 1 giugno, ore 21) nella finale di Champions League per il suo Real Madrid a Wembley contro il Borussia Dortmund.

Ancelotti, le umili origini e il "no" a Baggio al Parma

Ancelotti ha raccontato le sue umili origini, in una famiglia contadina: "Mangiavamo solo ciò che la terra era in grado di produrre". Poi ha raccontato la sua filosofia calcistica: "Quando ho iniziato non ero così. Avevo un sistema che ho imparato al Milan da Arrigo Sacchi. Era il 4-4-2. E per questo ho rifiutato Roberto Baggio al Parma perché voleva giocare da numero 10. Ho detto: No, non gioco con il 10. All'epoca era uno dei migliori del mondo e l'ho rifiutato perché volevo giocare con due attaccanti. È stato un errore".

Ancelotti, Zidane, la Juve e il retroscena su una sfida con De Zerbi 

Niente dogmi e così: "Ho provato a cambiare idea quando sono andato alla Juventus. Avevo Zidane ed era il numero 10. Lo devo mettere a destra o a sinistra? Impossibile. Da lì ho sempre tenuto conto delle caratteristiche dei giocatori per costruire il modulo. Avere una sola identità della propria squadra è un limite. Giocavamo in Champions contro lo Shakhtar Donetsk di Roberto De Zerbi, un'ottima squadra. Quello che stava facendo con i terzini e in diverse posizioni era davvero buono. Ma ho detto ai miei: vogliono che li pressiamo, non fatelo, è quello che cercano. Non pressateli e ci daranno la palla. Non abbiamo pressato e abbiamo vinto 5-0".


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Lo stile Ancelotti: "Urlare non serve"

Ancelotti ha infine raccontato il suo modo di stare in panchina: "Pensi che ascoltino di più se urli? No. Più urli, meno ti danno retta. Il punto chiave è che ho molta passione, ma non sono ossessionato. Non sono ossessionato dal mio lavoro. Non lo sono mai stato, non riguardo al calcio. Mi è piaciuto molto, da giocatore, da allenatore, ma non divento matto. Sono calmo. È strano perché prima della partita di solito sono molto nervoso".


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Carlo Ancelotti è stato intervistato dal Times nella settimana che culminerà (sabato 1 giugno, ore 21) nella finale di Champions League per il suo Real Madrid a Wembley contro il Borussia Dortmund.

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Ancelotti ha raccontato le sue umili origini, in una famiglia contadina: "Mangiavamo solo ciò che la terra era in grado di produrre". Poi ha raccontato la sua filosofia calcistica: "Quando ho iniziato non ero così. Avevo un sistema che ho imparato al Milan da Arrigo Sacchi. Era il 4-4-2. E per questo ho rifiutato Roberto Baggio al Parma perché voleva giocare da numero 10. Ho detto: No, non gioco con il 10. All'epoca era uno dei migliori del mondo e l'ho rifiutato perché volevo giocare con due attaccanti. È stato un errore".

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Niente dogmi e così: "Ho provato a cambiare idea quando sono andato alla Juventus. Avevo Zidane ed era il numero 10. Lo devo mettere a destra o a sinistra? Impossibile. Da lì ho sempre tenuto conto delle caratteristiche dei giocatori per costruire il modulo. Avere una sola identità della propria squadra è un limite. Giocavamo in Champions contro lo Shakhtar Donetsk di Roberto De Zerbi, un'ottima squadra. Quello che stava facendo con i terzini e in diverse posizioni era davvero buono. Ma ho detto ai miei: vogliono che li pressiamo, non fatelo, è quello che cercano. Non pressateli e ci daranno la palla. Non abbiamo pressato e abbiamo vinto 5-0".


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