Garcia, Bianchi e altri sergenti

Leggi il commento sui tecnici italiani alla vigilia di un importante turno di Champions League
4 min

Fatti non foste a viver come Rudi. Siamo appena in autunno e le tracce sono già chiare. Per questo si rischia di affogare nel tedio, nella fuffa. Omettendo, naturalmente, il Massimiliano Allegri di ritorno, il cui minimalismo tattico ha imbalsamato una Juventus sempre più orba dell’antico “spiro”. Dunque: se il Napoli perderà lo scudetto, colpa di Rudi Garcia. Che, turista invadente, ha osato “sporcare” la bellezza di Luciano Spalletti. E non ci si aggrappi, per favore, alla botta di sedere di Braga, ai Lecce di salvataggio, al video molesto che ha irritato Victor Osimhen, alle plusvalenze che ne avrebbero incorniciato il trasloco da Lilla: crollerebbe il castello. Il violinista ha la classifica “contata”. Come se bissare il titolo fosse una scampagnata: dal varo del girone unico (stagione 1929-1930) ci sono riusciti solo le milanesi, le torinesi e il Bologna. Non le romane. Cinque squadre in totale. Se a un cronista scappa cuore con la q, cavoli suoi. Se un giocatore non rispetta gli ordini, negligenza del mister. E comunque: nel dubbio - peggio la noia o la nausea? - si procede escludendo le prove indiziarie che riguardano le belve. Ma non quelle, circostanziali, che coinvolgono i domatori. Il Real di Carlo Ancelotti sarà la frusta ideale per fare il punto sullo stato dell’unione.

Inzaghi e le critiche

Passiamo a Simone Inzaghi. Il genio dei cinque derby consecutivi venne correttamente bacchettato per il turnover di San Sebastian - con la Champions non si scherza - mentre Stefano Pioli, che quei derby li aveva persi tutti, finendo sul patibolo delle streghe recidive, è stato esaltato per le massicce rotazioni che gli hanno permesso di espugnare le trincee di Cagliari e Lazio. E dal momento che poi, con i califfi in vetrina, l’Inter si è fatta infilare dal Sassuolo di Domenico Berardi, Inzaghino è stato subito iscritto nel registro degli indagati: ah, Yann Sommer; ah, Marcus Thuram. Sino al poker di Lau-Toro a Salerno. I risultati sono le amanti che nascondiamo nell’armadio del nostro “buongiochismo”, pronti a mollarle in pubblico, ma ancora più determinati, sull’esempio del conte Mascetti di “Amici miei”, a recuperarle in privato.

Gli auguri ad Ottavio Bianchi

A proposito di tecnici: venerdì Ottavio Bianchi compie 80 anni. Bresciano di culla, bergamasco di domicilio, una carriera da mediano. E Napoli, tanto Napoli: compagno di José Altafini e Omar Sivori; e con Diego, ereditato da Rino Marchesi, il primo, storico scudetto del 1987. L’orso Bianchi, Ottavione: italianista, di schemi semplici e complici (giammai rozzi o dogmatici), introdusse il suo carattere burbero e schivo in un arsenale agitato da troppe micce. Lontano dalla Nasa degli statistici-statisti, praticava un mordi e fuggi che oggi spingerebbe i fanatici a brontolii di supponenza. Scusate: Phil Jackson, allenatore dei Chicago Bulls, a chi mai avrebbe dovuto riservare le munizioni più ghiotte se non a Michael Jordan? Lo immagino brindare con un motto di Eduardo De Filippo: «Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male». Sotto le lagne dei maestrini dalla penna rossa. “Sopra il vulcano” del libro biografico dedicatogli dalla figlia Camilla.


© RIPRODUZIONE RISERVATA