Il calcio che unisce

Leggi il commento alle reazioni dell'ambiente calcistico dopo la morte di Berlusconi
Franco Ordine
4 min

Che fantastica storia è la vita se riesce a consegnarci quel che di apparentemente magico è avvenuto ieri, nel primo pomeriggio a Milano, sotto un sole estivo, in piazza Duomo e dintorni, lungo la scia di immagini, cori, striscioni e bandiere che hanno fatto da cornice e da palcoscenico all’austero corteo funebre allestito per Silvio Berlusconi. Eh sì, possiamo scandirlo a piena voce e con qualche soddisfazione: lo sport, il calcio in questo virtuoso caso, è stato capace di offrire al resto del Paese che si è lasciato avvelenare da ripicche e polemiche, l’idea di una comunità unita sotto le stesse insegne, superando e silenziando divisioni di tifo viscerale che pure spesso animano le cronache quotidiane.

La Curva Sud del Milan al completo

Diciamoci la verità: non era proprio scontato che l’esercito della Curva Sud, il cuore pulsante del tifo milanista, ormai passata nella galassia americana di un fondo, dopo l’omaggio dinanzi a villa San Martino, Arcore, arrivasse anche in piazza Duomo, straripante fin dalle prime ore del mattino, per tributare l’ultimo saluto al Presidente che li ha sedotti conquistando 29 trofei in 31 anni di presidenza. E non era nemmeno pronosticabile che a questa ondata di sincera commozione, partecipassero i tifosi della Juventus pubblicando sulla siepe di Arcore un mega striscione con l’omaggio al grande rivale che li aveva battuti nel 2003, finale di Champions League a Manchester. La presenza nella basilica milanese, al gran completo, dello staff dirigenziale dell’Inter, dal presidente Steven Zhang, all’ad Beppe Marotta e al ds Ausilio, ha reso ancora più suggestivo questo senso di unità spirituale del mondo calcio che compete, concorre con tutti i mezzi e cerca di primeggiare nel rispetto sacro che bisogna avere per il talento e per il successo.

L'ultima prodezza di Berlusconi

A ben riflettere, sia pure in minuscola dose, è lo stesso esempio didascalico offerto da un santone di questo calcio un po’ retrò e molto romantico, che di nome fa Claudio e di cognome Ranieri. Da allenatore del Cagliari, appena riuscito nell’impresa impossibile di rovesciare un pronostico scontato e trascinare il Cagliari in Serie A, è andato sotto la sua curva in amore e li ha ammoniti a non irridere i tifosi del Bari, in sessantamila, rimasti sotto shock per l’epilogo inatteso di quella finale. Perché questo è poi il messaggio quasi cristiano spedito alle altre comunità, alla politica in particolare: tra chi è capace di innamorarsi di un gesto atletico, di una giocata, di un record o una genialata, vive il sentimento di umana solidarietà capace di mettere da parte vecchi rancori. Perciò è il caso di assumere un impegno pubblico tra di noi che frequentiamo strade, stadi e arene: quando torneremo a esprimere nuove feroci critiche al mondo che ci regala strepitose avventure, dovremo ricordarci di questi attimi vissuti a Milano sul sagrato del Duomo. Magari qualcuno immaginerà che si è trattato dell’ultima prodezza riuscita a Silvio Berlusconi.


© RIPRODUZIONE RISERVATA