Il dolore viola è il dolore del calcio italiano che perde la seconda eurofinale stagionale per merito di un avversario dimostratosi, se non proprio inferiore, certamente battibile. La Conference lascia così Roma per stabilirsi un anno a Londra: a noi restano le lacrime di giocatori e tifosi e i rimpianti, tanti, superiori - purtroppo - all’orgoglio e alla soddisfazione di aver portato all’ultimo atto la rappresentanza più consistente. A Praga la Fiorentina ha giocato una strana partita, è stata meno coraggiosa del solito, si è quasi sempre fermata davanti ai pullman parcheggiati da David Moyes, scozzese non tanto per nascita quanto soprattutto nell’anima: ha risparmiato calcio per 95 minuti, limitandosi a colpire in contropiede. E il campo gli ha dato ragione: assurdo il modo in cui la difesa viola si è fatta sorprendere al novantesimo. Abbiamo visto la Fiorentina più convincente e brillante soltanto dal gol di Benrahma su rigore al 2-1 di Bowen, ovvero quando ha capito che era arrivato il momento di cercare con maggiore convinzione la porta di Areola.
La stagione della squadra di Italiano resta molto positiva, nonostante le due finali lasciate a Inter e West Ham. Non credo che all’origine delle sconfitte ci sia la mancanza di esperienza - le finali sono, sì, un mondo e un calcio a parte -, tuttavia non si può trascurare il particolare che gli ultimi trofei europei conquistati da squadre italiane abbiano avuto la stessa guida: José Mourinho.
Dopodomani è in programma il nostro terzo appuntamento con l’Europa, certamente il più prestigioso, ma anche il meno accessibile: l’Inter di Inzaghi affronta il Man City che in Premier è riuscito a distanziare il West Ham di ben 49 punti. Ci auguriamo di evitare il controtriplete, confidiamo nell’abilità di Simone quando si ritrova alle prese con l’ultimo ostacolo. PS. Confesso che ero pronto a volare a Firenze per portare la cera colorante al sindaco Nardella, che aveva promesso di tingersi di viola una ciocca di capelli. Mai una gioia. Anzi, mai due.