Vialli, il discorso di Wembley

I suoi mantra, il suo berretto, il suo libro segreto che regalava a tutti gli esordienti in azzurro. E la citazione che lanciò l’Italia verso la finale
Vialli, il discorso di Wembley© EPA
Fabrizio Patania
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L' ultima volta, sotto il porticato di Coverciano che conduce ai campi dove si allena l’Italia, e il suo incedere lento, ma sereno. Brividi, salutandolo. Come va? «Siamo qui». Combatteva la malinconia con un sorriso dentro le ultime, tormentate, curve della vita. Gianluca Vialli era abituato a trasmettere coraggio. Sapeva trovare le parole giuste. «Siete come me, appassionati di mantra - spiegava agli azzurri - e allora vi dico che un viaggio di chilometri inizia con un singolo passo». Cinque anni sono un tempo lunghissimo per provare a tenere a distanza l’ospite indesiderato, come lo chiamava con pudore e anche quando sembrava lontano, come nelle fantastiche settimane di Wembley. La malattia, raccontava, lo aveva aiutato a vedere il mondo da una prospettiva diversa, rendendolo una persona migliore. Succede quando il tempo sta per scadere e non c’è modo di recuperare. Spendi ogni secondo al meglio, ma Vialli era già un fuoriclasse della vita, non solo dello sport. «Ridere spesso, aiutare gli altri. Questo è il segreto della felicità» disse nell’intervista concessa a Cattelan. Questa forza Vialli era riuscito a sprigionarla e trasmetterla alla Nazionale. Una forza incontenibile durante quei 45 giorni di avvicinamento alla finale di Londra. Basta leggere in queste ore le testimonianze e le dediche dei campioni d’Europa per rendersene conto . Florenzi, durante il ritiro di Coverciano, decise di bucare quel silenzio complice che ha sempre accompagnato il capo-delegazione nel percorso dirigenziale . «So che queste parole lo faranno arrabbiare, ma è importante che tutti lo sappiano. Abbiamo un esempio che ogni giorno ci dimostra come ci si deve comportare». Colpì nel segno. Luca, accanto al gemello Roberto, con la sua giacca a righe e la coppola londinese, restava defilato. Eppure era decisivo. Una presenza discreta e indispensabile accanto alla squadra. Lo vedevi cantare l’inno davanti alla panchina oppure accanto al ct durante il riscaldamento degli azzurri. Poi s’infilava nell’ombra. Si girò, al momento dei rigori con Spagna e Inghilterra, per non guardare. Emozione troppo grande da reggere.

Libro azzurro

Ci sono stati dei momenti struggenti, e non raccontabili, a cementare il gruppo azzurro nell’estate 2021. Si era formata, dopo le notti magiche di Roma, una chimica speciale. Vialli era il motivatore, il mental coach prediletto di Mancini. Due giorni prima della finale, all’ora della cena, irruppe nella sala ristorante per leggere il celebre discorso tenuto da Franklin Delano Roosevelt, presidente degli Stati Uniti, alla Sorbona nel 1910. Si parlava di rispetto, ammirazione e coraggio di fronte alle avversità. Il testo lo trovate in pagina. L’audio e il video di quel momento commovente lo ha postato ieri Spinazzola e ha fatto il giro dei social. Vialli, con la voce rotta dall’emozione, tiene il suo libro tra le mani. Questo è il vero retroscena. Era il suo libro. Lo aveva chiuso e confezionato ad uso interno della Nazionale e della Figc. Chissà se ora verrà pubblicato. Si chiama “Azzurro”. L’opera personale del capo-delegazione, capace di trasmettere senso di appartenenza e amore per la maglia dell’Italia. Dentro ci sono le foto, le citazioni e il mantra scelto da Vialli per ognuno dei calciatori che nella storia azzurra abbiano totalizzato 50 presenze o realizzato almeno 20 gol. Quel libro, prima di cominciare l’Europeo, lo aveva consegnato a qualsiasi componente dello staff e della squadra. Ma da quando Mancini e Gravina lo avevano inserito in Nazionale si preoccupava di consegnarlo, ad ogni convocazione, anche agli esordienti che per la prima volta varcavano il cancello di Coverciano insieme a un gagliardetto dell’Italia. «Azzurro una volta, azzurro per sempre». Non casuale la frase scelta per la prima pagina.

Promessa

L’abbraccio con Mancini, dopo il successo sul l’Austria, è la chiusura del cerchio aperto con la Samp nel 1992, quando i gemelli del gol persero la finale di Coppa Campioni con il Barcellona. Da Fabio Fazio, ultima apparizione in tv nella serata (27 novembre) in cui si presentava il docufilm sullo scudetto blucerchiato, Vialli lo ha raccontato. «Un abbraccio completo. Da parte mia c’era l’aspetto sportivo, il ricordo della finale persa con la Samp, la gioia per un nuovo traguardo raggiunto e inaspettato con l’Italia, il timore che aveva condizionato entrambi per le mie condizioni. Le lacrime mie e di Roberto piene di sentimenti. Amore, amicizia, paura. Dico un abbraccio più bello rispetto a quando gli passavo la palla e lui faceva gol». Un’altra promessa se l’erano fatta. Emerge dalla citazione dedicata da Vialli al ct Mancini nel libro “Azzurro”. Terribilmente attuale pensando al Mondiale sfumato e alla decisione del ct di riprovarci nel 2026. «Diamo il massimo sempre, soprattutto nei momenti di difficoltà. Dopo una delusione, può arrivare un trionfo. Riprendiamo a sognare e portiamo l’Italia dove merita: in vetta al mondo». Vialli, da lassù, aiuterà gli azzurri.


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