La finale di coppa Italia è Inter-Juve. Per come sta girando, immagino che Lapo Elkann tuitterà (mentre scrivo l’ha già fatto?) da Cascais oppure dalla barca di Bezos stavolta a favore dell’allenatore (ipotizzo “di nuovo Allegri, ma fino a quando e soprattutto perché? Smile, Max”). Dal canto suo Andrea Agnelli inviterà il primo maggio Zizou Zidane allo Stadium per assistere a Juve-Venezia, mostrare al pubblico non proprio soddisfatto la maglia numero 21 e alimentare altre nostalgie e fantasie giornalistiche. Infine la consigliera Fifa Evelina Christillin, cara amica, dichiarerà che Conte è il più bravo, anche Allegri lo è, bravo, ma non abbastanza, e pure Pirlo non era malaccio, mentre Sarri non faceva proprio per noi (per loro). Forse quest’ultima se la risparmierà.
Allegri ha dunque l’opportunità di evitare lo “zero tituli”, una macchia (bianconera) quasi intollerabile per lui e la società alla quale si è legato per quattro anni pieni, senza - cioè - alcuna clausola due più due o tre più uno, e dopo aver rinunciato al biennale col Real Madrid (complimenti: scelta illuminata). Proverà a farlo con una squadra della quale si fida pochino, soprattutto dietro, tant’è che anche ieri ha piazzato Danilo più avanti (suo il 2-0 nel finale), a protezione dei quattro del paternoster guidati con la solita energia da de Ligt.
Potendo sfruttare il vantaggio dell’autogol di Venuti al Franchi, Max, che di coppe Italia ne ha già vinte quattro e adesso punta al record, è andato sul pratico investendo sul contropiede e sulla tattica della fionda livornese, o degli scogli piatti: recupero del pallone e verticalizzazione immediata per Morata o Vlahovic. Niente male qualche iniziativa di Rabiot, ormai insostituibile.
Nei primi venticinque minuti, mentre la Fiorentina attaccava con insistenza e un bel ritmo, in almeno quattro occasioni la Juve si è ritrovata nella condizione di sfruttare degli uno contro uno o dei due contro due in campo aperto. Ma è mancata nella rifinitura o nella conclusione.
Il gol che ha indirizzato la partita e riportato il sereno (variabile) a Torino l’ha segnato poco dopo la mezz’ora Bernardeschi, quasi per caso, ed è stato il prodotto di un errore a quel punto imperdonabile di Dragowski che ha sbagliato completamente l’uscita alta.
Della Fiorentina mi sono piaciuti il coraggio e la fiducia nel proprio gioco con cui ha cercato il risultato. In particolare nella ripresa è stata quasi dominante. Mi ha ricordato la migliore Atalanta. Anche quando si è assunta qualche rischio di troppo allungandosi a dismisura.
PS. È arrivato il tweet di Lapo?
Nessuno come Carletto
Ha battuto anche l’Osasuna (l’Osusana di Tonino Carino) tenendo fuori per esigenze di Champions Modric, Vinicius, Carvajal e per 70 minuti anche Kroos. Ad Ancelotti mancano ora 4 punti sui 15 possibili per diventare aritmeticamente il primo allenatore ad aver vinto tutti e 5 i campionati più importanti d’Europa.
Che il Dio del pallone ci conservi Carletto e anche chi apprezza il bollito, ma quello con la salsa verde!