Superlega, Boniek esclusivo: "Le big, che delusione!"

Il vicepresidente Uefa è un censore spietato del tentativo di secessione: "Anche noi abbiamo le nostre colpe ma non sopporto chi trascura i valori dello sport e la verità"
Superlega, Boniek esclusivo: "Le big, che delusione!"© EPA
di Marco Evangelisti
3 min

Zbigniew Boniek, a incontrarla sui social l’altra sera sembrava particolarmente carico.

“Sono un uomo di sport. Per me i valori e la sincerità vengono prima di qualsiasi altra cosa”.

Vabbè, questo lo dicono tutti.

“Ho letto le interviste ad Andrea Agnelli. E ho scoperto che si voleva fare la Superlega per aiutare il mondo del calcio. Mi viene da ridere. Ad avere problemi economici sono proprio quei club lì. Perché non sanno gestire le loro risorse. L’ossessione di vincere ha sconfitto il controllo sui costi. Leggo ancora Agnelli sul vostro giornale: ‘Le istituzioni sportive detengono il controllo delle manifestazioni, il rischio economico ricade esclusivamente sui club’. Ma scusa, Andrea, perché in anni di esecutivo Uefa non te ne sei lamentato? Senza contare che l’Uefa reinveste i proventi sul movimento”.

Che cos’è che non la convinceva della Superlega?

“Potrei rispondere per bene se sapessi che cosa avrebbe dovuto essere, questa Superlega. La Champions che abbiamo oggi non è una Superlega? Quelle dodici squadre sono già dentro. Insieme con altre venti. Il punto è che in Champions il merito sportivo è fondamentale e va al di là del business”.

La Champions è una Superlega, però con le porte girevoli.

“E così dev’essere. Siamo europei, non statunitensi. A parte il fatto che il sistema sportivo americano ha alla base un accuratissimo controllo delle spese, tetto ai salari, contratti blindati e prefissati”.

In effetti quei cinque posti da distribuire ai meritevoli sapevano un po’ di elemosina.

“Oppure di contentino”.

 Il calcio è impermeabile al rinnovamento?

“No, però ci sono peculiarità storiche e culturali che non cedono il passo a comando. Per esempio: è convinzione comune che i campionati nazionali siano alla base di tutto. Sacri, come il principio di competizione. Lì si misura il merito attraverso il quale si viene promossi alle competizioni europee. Che sono come un ristorante di lusso. Ma non di quelli in cui puoi entrare solo se sei un socio o un amico di qualcuno”.

Dunque ha vinto il calcio. Oppure ha vinto l’Uefa, di cui lei è vicepresidente?

“Non ci sono né vincitori né vinti. Qualcuno ci ha messo la faccia e pagherà in termini di immagine. Abbiamo lavorato sulle richieste dei club e varato una riforma della Champions che andrà in vigore nel 2024. Davanti a duecento società mi si dice che così la competizione va bene, si proceda. Poi un bel venerdì si cambia completamente idea e si racconta che bisogna andare incontro ai giovani”.

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